Il matrimonio cattolico resta in crisi, circa 300 le cerimonie nel 2016. Il teologo don Willy Volonté: «I preti devono spiegare alla gente perché è importante avere una famiglia»
LUGANO – Sessualità, figli, fedeltà e tradimento. Sono tra i temi ricorrenti che emergono durante gli incontri per fidanzati, promossi come ogni anno a partire dall’autunno dai sei vicariati della Diocesi ticinese. Appuntamenti formativi obbligatori per chi sceglie di sposarsi in chiesa. Ma anche di nicchia, considerando che dei 1'465 matrimoni complessivi celebrati in Ticino nel 2016, solo circa 300 sono stati a carattere religioso, cattolico. «Purtroppo questi sono i numeri – ammette don Willy Volonté, delegato vescovile per i corsi – ma voglio essere ottimista. Se una coppia sceglie il matrimonio civile, non significa che poi chiude con la Chiesa. Inoltre, quelle 300 coppie che arrivano da noi sono più determinate che mai».
Don Volonté, perché il matrimonio in chiesa attira sempre meno?
«Io la responsabilità la do ai preti. Non possono stare ad aspettare che le coppie arrivino e chiedano di sposarsi. Ci vogliono sacerdoti che scendano in campo, concretamente, per fare capire alle nuove generazioni quanto sia fondamentale avere una famiglia, ricorrendo anche a testimonianze reali».
Oggi si punta sulla convivenza e molte coppie non vogliono nemmeno avere figli. Cosa dovrebbe fare il sacerdote per invertire la tendenza?
«La Chiesa non ha ancora fatto un passo fondamentale. Fa tantissimo per i bambini. Ma troppo poco per gli adulti. Mi spiego: a un certo punto è come se perdessimo i fedeli per strada. Si fa ancora troppo poco per promuovere l’importanza del concetto di famiglia. È da lì che parte tutto. La famiglia non deve essere vista come un optional».
I corsi che lei coordina rappresentano, in un certo senso, un filtro per i candidati al matrimonio in chiesa. Con quali motivazioni si presentano?
«Sicuramente con una maturità maggiore. In molti hanno già convissuto, altri hanno già figli. Sono rari quelli che non hanno ancora abitato sotto lo stesso tetto. Spesso si sentono incompleti. Hanno bisogno del tassello mancante».
Oggi più di un matrimonio su due si chiude con un divorzio. Secondo lei un matrimonio celebrato in chiesa ha più probabilità di durare rispetto a un matrimonio civile?
«Sì. Ma solo se affrontato con coscienza e con il sostegno della comunità. Solo così si riesce a fare fronte alle situazioni difficili. Può capitare di perdere la testa per un’altra donna, ad esempio. Ma queste cose si possono anche superare con fermezza».
Parliamo di sessualità. Oggi quasi più nessuno arriva vergine al matrimonio. Come affrontate questo tema?
«È vero, le coppie arrivano al matrimonio e hanno già fatto di tutto e di più. Non possiamo di certo metterci a dire che hanno sbagliato tutto. E allora si cerca di recuperare il valore originale del sesso, si fa un percorso a ritroso, alla riscoperta dei valori veri».
Ci troviamo di fronte a un’evoluzione impensabile solo vent'anni fa. La Chiesa sta, dunque, scendendo a patti?
«Non direi. I principi chiave affinché sia considerato valido il matrimonio cattolico sono ancora molto chiari. Bisogna avere la volontà di stare uniti per sempre ed essere disposti ad avere figli».
Ha ancora senso, oggi, fare una promessa di amore eterno davanti a Dio?
«È anche su questo che riflettiamo durante i nostri incontri. Viviamo in una società piena di tentazioni, dove alla minima debolezza ci si lascia andare. Noto che per l’opinione comune il matrimonio comporta una fragilità intrinseca. Non c’è la consapevolezza di affidarlo a qualcosa di più grande. Fare riscoprire questo aspetto ai fedeli rappresenta una grande sfida per il futuro».