Il numero degli indagati nello scandalo dei permessi falsi è salito a nove. Gobbi difende i propri collaboratori e le istituzioni. Ma la politica lo attacca
BELLINZONA - Lo scandalo permessi è una burrasca improvvisa che ha scosso l'ufficio della migrazione. Il vento tempestoso ha per ora fatto affondare 9 persone, - tra i quali diversi funzionari pubblici - incrinando notevolmente la fiducia del cittadino nelle istituzioni cantonali.
«Non lascio il timone» - Norman Gobbi, direttore del Dipartimento coinvolto nella bufera, non abbandona - come confermato ieri sera a "Piazza del Corriere" - il suo equipaggio. «I capitani non lasciano il timone in un momento di burrasca. Non intendo abbandonare i collaboratori dell'ufficio migrazione».
Audit e gruppo di lavoro - Il Governo, per cercare di riportare il sereno ha imposto ieri un audit all'interno dell'ufficio per verificare le prassi presenti e quelle future e ha deciso di creare un gruppo di lavoro interno all'amministrazione per valutare l'efficacia delle misure di controllo esistenti. Queste misure però non servono a placare le polemiche.
«Poche mele marce» - Il presidente del PPD, Fiorenzo Dadò durante la trasmissione si è scagliato contro Gobbi. «Più che tenere il timone, inizialmente ha scaricato la colpa su terze persone». Per poi denunciare delle superficialità: «È chiaro che qualcosa non ha funzionato in questo settore». A dar man forte al suo "capitano" ci ha pensato il capogruppo leghista in Gran Consiglio, Daniele Caverzasio. «Stiamo parlando solo di alcune mele marce. Non dell'intero settore».
«Occhio critico» - Alex Farinelli, capogruppo PLR, ha invece sottolineato le criticità di un audit interno. «Il suo scopo è quello di controllare l'organizzazione. Se fosse composto da persone esterne ci sarebbe un occhio più critico rispetto a chi già conosce i meccanismi dell'ufficio migrazioni».
Bacchettate - Il socialista Ivo Durisch, dal canto suo, bacchetta Gobbi in merito alla dichiarazione sull'erronea assunzione di un italiano. «È stato uno scivolone inopportuno. Prima di dare la colpa alle persone bisognerebbe guardare il sistema dei controlli». Lo stesso concetto era stato espresso, qualche ora prima, dal Presidente del Governo Paolo Beltraminelli che aveva tirato le orecchie al suo collega: «L'onestà non ha nazionalità».
Nove persone travolte - Insomma il mare istituzionale e politico ticinese rimane parecchio agitato. Nell'attesa che si plachino le acque, oppure che si verifichi un'altra onda anomala, le persone travolte dallo scandalo sono 9. Per 6 di essi - la mente del piano, suo fratello, il funzionario 28enne dell'ufficio delle migrazioni, l'ex impiegata, l'ex stagista e il suo compagno - sono scattate le manette lo scorso venerdì. Gli altri tre - una funzionaria dell'ufficio della migrazione, un impiegato cantonale e un cittadino svizzero-italiano che avrebbe istigato la donna - sono indagati, ma attualmente a piede libero.