Cerca e trova immobili

CANTONECondanna EOC, il Giudice fa alcune precisazioni

24.11.16 - 17:37
Il Giudice Siro Quadri si avvale della legge per rispondere all'EOC, che il 22 novembre aveva espresso il timore di dover «identificare anche a mesi di distanza l'autore di ogni gesto di routine»
Foto Tipress
Condanna EOC, il Giudice fa alcune precisazioni
Il Giudice Siro Quadri si avvale della legge per rispondere all'EOC, che il 22 novembre aveva espresso il timore di dover «identificare anche a mesi di distanza l'autore di ogni gesto di routine»

LUGANO - Lunedì 21 novembre l'Ente Ospedaliero cantonale (EOC) è stato ritenuto colpevole di lesioni gravi e condannato a 60mila franchi nel processo per il contagio da epatite C verificatosi nel dicembre del 2013 all'Ospedale Civico di Lugano.

Il giorno dopo la sentenza l'EOC, in una nota stampa, aveva riconosciuto l'errore commesso, sottolineando l'errore commesso e ha offerto la propria assistenza medica e psicologica ai pazienti colpiti dall'infezione e nel frattempo guariti.

C'è però un passaggio del comunicato stampa dell'EOC del 22 novembre su cui il Giudice Siro Quadri ha voluto fare delle precisazioni. In particolare per quanto riguarda il passaggio in cui si legge:

«La sentenza di ieri estende massicciamente le informazioni che vanno registrate nelle cartelle sanitarie dei pazienti. Se confermata, essa sancirebbe l’obbligo di una struttura sanitaria, quale ad esempio un ospedale, di identificare anche a mesi di distanza l’autore di ogni gesto di routine, medico-terapeutico, con un potenziale impatto sull’evoluzione dello stato di salute del paziente, in particolare nell’ottica di ogni eventuale e imprevedibile futuro procedimento penale. Si tratta di un’esigenza difficilmente praticabile che rischia di generare inefficienza e maggiori costi, senza necessariamente aumentare la sicurezza dei pazienti».

A questa osservazione risponde il Ministero pubblico che, attraverso il Giudice Siro Quadri, ricorda che, «durante la motivazione orale della sentenza di lunedì 21 novembre 2016, si è detto che una struttura sanitaria dev'essere in grado d'identificare, dotandosi di un'adeguata organizzazione interna, il personale che ha effettuato una tomografia assiale computerizzata (TAC) con liquido di contrasto, così come specificato nell'atto d'accusa allestito dal Procuratore Generale».

«Per contro - si legge - non è stato precisato che un simile grado di tracciabilità dell'attività ospedaliera debba essere imposto per lo svolgimento di qualsiasi prestazione sanitaria "di routine" che un nosocomio è giornalmente chiamato a svolgere. Non corrisponde dunque al vero che la sentenza abbia massicciamente esteso "le informazioni che vanno registrate nelle cartelle sanitarie dei pazienti". Essa si è limitata a precisare che in relazione ad attività terapeutiche di una certa importanza, l'ospedale dev'essere sempre in grado d'indentificare chi ha partecipato alle cure di una persona».

«Inoltre il Giudice chiarisce altresì che, "nel solco delle argomentazioni" della sua decisione, non si è detto che in tutti i casi di contagio ospedalieri avvenuti del nostro Paese, per i quali non è stato "possibile identificare la causa del contagio e men che meno l'operatore", sarebbe ravvisabile una carente organizzazione interna».

«Infatti, il giudizio promulgato contro l'EOC è stato espresso, come di rito avviene nelle aule penali, con esclusivo riferimento ad un preciso caso, senza che nella decisione siano state formulate direttive sanitarie di carattere generale riferibili a casistiche diverse e valide per qualsiasi contagio o trattamento sanitario», conclude la nota.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE