Aggiustare invece di buttare e ricomprare: in Ticino lo fa ormai una persona al giorno. Al via oggi una settimana di eventi dedicati: e il comune di Cugnasco decide di pagare ai suoi le riparazioni
CUGNASCO-GERRA - Si era partiti un po' in sordina, il 21 di gennaio: con tanta voglia di capire se la cultura del riuso potesse competere quella del consumo. Una giornata dedicata alla riparazione, con piccoli artigiani riuniti in un solo luogo per offrire agli abitanti di Mendrisio l'opportunità di riparare i loro oggetti: elettrodomestici, telefoni, orologi, lampade, mobili, vestiti, perfino dei giocattoli. Da allora ne sono seguite altre cinque, in un percorso itinerante nel Ticino per sondare in ogni luogo l'interesse. Che oramai si è fatto grande: tanto da inaugurare addirittura una "settimana della riparazione", da oggi fino a sabato e con un appendice il 29 ottobre.
Una lista di riparatori sempre reperibili - Sette eventi, nel giro di dieci giorni appena, che dicono come la voglia di prender le distanze da un approccio consumistico non sia solo una fantasia, un auspicio da sognatori perbene. Incentivata dalle associazioni, dalle istituzioni addirittura: il comune di Cugnasco-Gerra ha perfino deciso di pagare ai suoi cittadini, per quest'oggi, le riparazioni di «elettrodomestici, attrezzi di lavoro, bici, cellulari, sartoria, orologi» che arriveranno al centro di raccolta ingombranti fra le 8 e le 16.30, da scambiare poi al mercatino dell'usato. Una declinazione originale dell'idea, e una prima assoluta, che racconta di una popolazione che non vuole più cadere nel tranello del marketing e dell'ultimo, irrinunciabile ritrovato tecnologico. Al punto che l'associazione consumatori ha deciso di pubblicare una lista di riparatori cui attingere autonomamente, senza attendere i periodici appuntamenti con i cosiddetti "Caffè riparazione": e magari ripensarci, spinti dall'urgenza, gettare tutto in pattumiera e correre in negozio per disperazione.
Oltre la metà degli oggetti sono riparabili - Una settantina quelli che si sono registrati, dal pensionato che mette a disposizione le proprie competenze alla piccola azienda con qualifiche certificate: è il primo numero di un successo che si misura anche in 134 oggetti finora presi in esame, 62 dei quali riparati e 12 parzialmente. «Spesso si tratta di piccoli interventi, come la sostituzione di un cavo», riflette Marcello Martinoni, coordinatore del progetto. «A volte ne vale davvero la pena. Anche perché la pubblicità tende a presentarci tutto come irrinunciabile: ma davvero abbiamo bisogno di quei due microsecondi di vantaggio nell'accesso a una pagina internet garantiti dall'ultimo smartphone? O di quel phon con 12 posizioni di calore invece delle nostre tre?».
«Consolidare la cultura del riuso» - L'obiettivo, adesso, è «consolidare la cultura del riuso». Per questo, dopo aver sondato la disponibilità della gente, «aspiriamo a stabilire una rete di collaborazioni stabili. Partner fissi che supportino l'idea e una lista solida che si aggiorni ed evolva nel tempo». Non è più tempo di scherzare, di procedere per tentativi: adesso si fa sul serio. «La risposta c'è stata. C'è anche chi chiama o scrive per mettersi in contatto con qualcuno che possa risolvere il suo problema. È il momento di approfittarne».
Una tentazione per tutti, giovani compresi - Sfruttare il trend per trasformarlo in una buona abitudine. «Perché allungare la vita degli oggetti ha senso». Non solo per vecchi e bambini, giunti con i loro oggetti di giovinezza gli uni e le loro macchinine da due soldi gli altri. Anche per i giovani, giura Martinoni: sbagliato considerarli solo vittime impotenti del consumismo. «Esistono frange differenti. Certo, il telefonino è uno status symbol, su quel fronte è difficile chiedere uno sforzo. Ma sul resto, dai vestiti agli elettrodomestici, si può fare molto anche con loro. La settimana della riparazione ha proprio questo fine: trasformarla in una scelta possibile, non un'occasione sporadica come al mercato delle pulci.
Basta rassegnarsi davanti al primo guasto - Il rischio c'è, davanti a tanti appuntamenti: che qualcuno vada deserto o giù di lì. «Finora però ogni evento ha registrato 30-40 partecipanti in media. Dal giovane giunto con un sacco, in senso letterale, di cose rotte da provare a riparare, alla signora che voleva aggiustare il lampadario o la famiglia che semplicemente non aveva sostituito le batterie. Segno che si tende a rassegnarsi davanti a problemi minimi. È su questo che bisogna lavorare. Dobbiamo aiutare la gente a cambiare la mentalità».