Le esperienze delle ticinesi che in farmacia hanno chiesto un contraccettivo d’emergenza. E il farmacista cantonale spiega perché non è un farmaco come gli altri
LUGANO - «Dovrebbero smetterla di credere che una donna abbia bisogno della pillola del giorno dopo solamente perché l’ha data in giro come se non fosse sua», ci scrive una donna. Sono moltissime le lettrici che ci hanno raccontato le loro esperienze quando in farmacia hanno chiesto un contraccettivo d’emergenza. Come recentemente accaduto in Romandia, in molte denunciano modi non troppo concilianti da parte dei farmacisti. «Ho ricevuto frecciatine e cattiverie», racconta una ragazza. «Dopo avermi fatto mille problemi, mi ha detto che secondo lei avrei dovuto rifletterci maggiormente», confida un’altra. «Mi ha tartassata, sono uscita in lacrime dalla farmacia. Mi ha fatta sentire una poco di buono», aggiunge un’altra ancora.
Non solo ragazzine - A preoccupare, inoltre, è che non si tratta solo di giovanissime. Tra le lettrici che ci hanno raccontato il loro malessere vi sono anche donne adulte, professioniste e addirittura personaggi noti. Insomma, perché è così difficile ottenere un farmaco senza ricetta? E, ancora: i farmacisti ticinesi sono dei mostri?
Senza ricetta - Abbiamo chiesto al farmacista cantonale Giovan Maria Zanini di provare a spiegare questo fenomeno. «Questo è il primo e, finora, unico medicamento che per sue caratteristiche sarebbe soggetto a ricetta medica, ma per una scelta di politica sanitaria viene dato senza», spiega. Infatti il farmaco è potente, a base di ormoni e non privo di controindicazioni. «La ricetta medica costituisce una barriera all’accesso». Sarebbe quindi stato anche più difficile ottenerla. «Abbassare la soglia, però, non vuol dire toglierla».
Le signorine no? - Tra le segnalazioni, molte hanno raccontato di non aver potuto avere subito la pillola perché il farmacista non era sul posto e le assistenti hanno detto di non poterla consegnare. «È giusto, solo il farmacista può somministrare la pillola del giorno dopo». Infatti, proprio perché manca la ricetta, è il professionista qualificato che vendendola, di fatto, la prescrive.
Prenderla in farmacia - C’è poi chi si è sentito chiedere di prendere la pillola sul posto, direttamente in farmacia. «Molti farmacisti lo chiedono e secondo me fanno bene. In fondo, è come quando il medico prescrive un’iniezione e la fa lui». Ma, chiediamo, perché? «Può capitare che la donna voglia avere il medicamento come scorta, magari per andare in vacanza», chiarisce Zanini. «Non è ammesso che venga data la pillola come riserva».
L’interrogatorio - Il più grande ostacolo da superare per le donne, però, è l’interrogatorio. Tutte o quasi lo descrivono come «interrogatorio» o «mille domande». Ma è davvero così? «Sì, le domande sono molte, c’è una procedura da seguire. Il farmacista è tenuto a fare un’analisi approfondita per stabilire se quel prodotto è utile o meno». Oppure il farmacista potrebbe anche decidere di proporre altro: «Potrebbe essere opportuna una visita ginecologica, oppure inviare la persona a un centro di pianificazione. Oppure sia la pillola che la visita».
Le domande - «Le possibili clienti sono molte, vi sono le donne, le giovani, le minorenni. Può anche capitare che vi sia una ragazza che è stata abusata», ci racconta il farmacista cantonale. «In un caso del genere non si può fornire semplicemente la pillola, la presa a carico può essere complicata». Ed ecco che si arriva alle domande: le leggiamo assieme a Zanini e sono tante davvero: Come è successo? Quando? Da quante ore esattamente? L’ultima mestruazione? Altri rapporti non protetti? Usa metodi contraccettivi? Allatta? Assume altri medicamenti? Ha già assunto questa pillola? Un esame che, nei casi più delicati, può superare anche i venti minuti.
La domanda proibita - Abbiamo sottoposto a Giovan Maria Zanini le segnalazioni delle nostre lettrici. Tutte, bene o male, hanno superato il suo esame: i farmacisti si sono comportati correttamente. Tutti tranne uno. In un caso, il farmacista ha preteso che una ragazza chiamasse l’uomo con cui aveva avuto un rapporto «per confermare la storia». Esame nettamente bocciato: «No, questa domanda non si può fare: cosa importa con chi ha avuto il rapporto?», chiarisce il farmacista cantonale.
La stanzetta - Imbarazzante vero rispondere a simili domande in farmacia? Infatti, non è lì che deve accadere. «È inconcepibile fare questa discussione al banco. È una delle cose che chiedo quando faccio le visite nelle farmacie: “Dove fate questi colloqui?”». Molti esercizi, infatti, si sono ormai dotati di una “stanza per la consulenza”, un luogo riservato dove farmacista e paziente possono parlare liberamente. «Vige l’obbligo di proteggere la sfera intima».
Le minorenni - Dai 16 anni in avanti, le donne sono proprietarie uniche e assolute del proprio corpo. Ma una 13enne, una 14enne che entra in farmacia chiedendo la pillola del giorno dopo? «Anche chi ha meno di 16 anni ha diritto che la propria privacy sia protetta, guai se il farmacista ne parlasse con i genitori», è la risposta perentoria del farmacista cantonale. «Il farmacista se si rivolge ai genitori infrange il segreto professionale. Può indirizzare la giovane ad altri specialisti, un ginecologo o un centro di pianificazione. O, eventualmente, consigliare alla ragazza di parlarne coi genitori. Ma il farmacista non può farlo». Anche perché, se lo facesse sarebbe passibile di denuncia.
Obiezione di coscienza - Il problema dell’obiezione di coscienza è molto sentito in Italia, non sono pochi i farmacisti che si rifiutano di venderla. E in Ticino? «Sì, ho incontrato dei casi di farmacisti che hanno praticato l’obiezione di coscienza ed è un loro diritto», chiarisce Zanini. Ma, quello all’obiezione è un diritto che ha dei limiti. «Il problema sorge quando una farmacia è di picchetto. Se la cliente non può ottenere in altro modo la terapia, il farmacista è obbligato a fornirgliela». Non risulta, però, che vi siano stati in Ticino farmacisti di picchetto che hanno rifiutato la pillola del giorno dopo.