Quel giorno grandi quantità di radioattività furono immesse nell'atmosfera. Il nostro Cantone, date le forte piogge, fu toccato maggiormente rispetto al resto del Paese. Oggi i residui sono minimi
BELLINZONA - Ricorre domani il 30° anniversario dell'incidente di Chernobyl, la principale causa di immissioni su scala mondiale di radionuclidi artificiali nell'ambiente. Quel giorno, grandi quantità di radioattività furono immesse nell'atmosfera sopra la località ucraina. Le particelle radioattive furono, nei giorni a seguire, trasportate con le masse d'aria in tutta Europa. E neppure la Svizzera e il Ticino furono risparmiati dalla nube tossica.
Ticino zona più toccata - Date le forti piogge che si ebbero in Ticino al passaggio della nuvola radioattiva, il nostro cantone - come ricorda il Laboratorio Cantonale in un comunicato odierno - raccolse i maggiori depositi di radioattività sul terreno e sulle piante in tutto il Paese.
Alcuni isotopi ancora misurabili - Alcuni residui di quelle piogge sono ancora riscontrabili tutt’oggi, e la misurazione compete, in Ticino, al Laboratorio Cantonale. «Alcune tracce degli isotopi più resistenti, in particolare il cesio 137 (circa 30 anni) e lo stronzio 90 (circa 29 anni), sono ancora misurabili nelle derrate alimentari».
«Livelli non preoccupanti» - Viste le ricadute radioattive maggiori sul Ticino per rapporto al resto del nostro paese, alcune derrate alimentari locali hanno presentato e presentano ancora oggi residui leggermente superiori alla media svizzera. Ma il laboratorio cantonale tranquillizza. «L’attività di monitoraggio in Ticino non è mai stata sospesa per questi motivi, ma livelli di contaminazione residuale non sono per nulla preoccupanti».
Selvaggina - La selvaggina è una delle categorie più a rischio contaminazione. «È risaputo che la selvaggina può ancora oggi risultare sensibilmente contaminata da cesio-137 a causa della ricaduta radioattiva generata da "Chernobyl"».
Tartufi dei cervi - E questo per le abitudini alimentari degli animali. «Sono ghiotti dei cosiddetti “tartufi dei cervi”, funghi non commestibili per l'uomo largamente diffusi nei boschi ticinesi». Questi funghi hanno la particolarità di assorbire una grande quantità di radioattività. «Non si può quindi escludere - sottolinea il laboratorio cantonale - che cinghiali, cervi, caprioli e camosci nutritisi con tali funghi in particolare tra agosto e settembre, possano mostrare picchi di positività radiologica, poi smaltita nei mesi successivi».
Casi in Piemonte, bene il Ticino - Casi di selvaggina contaminata sono stati segnalati nelle regioni piemontesi a ridosso del confine, ma dai rilevamenti sulla selvaggina nostrana, tutto è apparso in ordine. «Abbiamo monitorato a contaminazione radioattiva della carne di selvaggina in commercio. Per raggiungere lo scopo durante la stagione venatoria 2015 sono stati prelevati dalle macellerie distribuite sull’intero territorio cantonale 20 campioni di carne cruda di cervo, capriolo e camoscio catturati in Ticino. I risultati mostrano come in nessun caso siano stati superati i limiti di legge».
Funghi - I funghi sono considerati utili bioindicatori della radioattività ambientale poiché sono in grado di assorbire e trattenere il cesio presente nel terreno; questa loro peculiarità fa sì che la concentrazione media di cesio 137 nei funghi sia superiore a quella di tutti gli altri prodotti alimentari, con variazioni che dipendono sia dalla specie che dal luogo di prelievo.
Risultati tranquillizzanti - «Anche durante il 2015 è stato quindi eseguito un ampio monitoraggio con l’analisi di una serie di 37 campioni di funghi selvatici appartenenti a 6 specie commestibili, raccolti sul territorio ticinese da membri ticinesi dell’Associazione svizzera dei controllori di funghi. Il livello della contaminazione da Cs-137 nei funghi commestibili selvatici ticinesi è, a un trentennio dalla catastrofe di Chernobyl, assai contenuto».
Pesci e Latte - Nel 2014 è stata misurata la radioattività del latte di produzione nostrana. In questa matrice sono stati ricercati, oltre a cesio e potassio, anche i residui dello stronzio-90. Ma anche qui il Laboratorio Cantonale rassicura la popolazione: «Le contaminazioni nei pesci e nel latte ticinese, seppur leggermente superiori alla media svizzera, si situano abbondantemente al di sotto dei limiti di legge e sono di scarsa rilevanza dosimetrica: la situazione non desta la benchè minima preoccupazione».