Tagli ad assegni integrativi e della prima infanzia. Il grido di rabbia dei ticinesi e la replica del Cantone: «È il Parlamento che ha deciso»
BELLINZONA - Decine di famiglie ticinesi sono in difficoltà dal primo di gennaio. La mannaia del Cantone si è abbattuta sugli assegni integrativi e di prima infanzia. E ora c’è chi si vede ridotti i sussidi anche di diverse migliaia di franchi. «Da un giorno all’altro mi hanno tolto 2000 franchi di assegni mensili - racconta una giovane mamma del Locarnese -. Ci troviamo in grossa difficoltà ora».
Il momento cruciale - La data dello spartiacque è quella del 16 dicembre del 2015. Quel giorno il parlamento ticinese approva alcuni provvedimenti chiave nell’ambito del preventivo 2016. Una misura che consentirà allo Stato di ottenere un risparmio netto complessivamente oscillante tra i 2 e i 3 milioni di franchi all’anno. «La spesa nel settore sociale negli ultimi anni ha conosciuto un aumento marcato - fa notare Anna Trisconi Rossetti, capo dell’Ufficio prestazioni presso l’Istituto delle assicurazioni sociali - e si è reso necessario operare una razionalizzazione».
Ticino generoso - Prima della rivoluzione di gennaio, erano circa 3200 le famiglie poco abbienti che in Ticino beneficiavano degli assegni familiari di complemento. «Rispetto agli altri Cantoni il Ticino è molto generoso negli aiuti sociali e lo rimane tuttora. Per potere garantire un buon sostegno sociale anche in futuro siamo intervenuti in modo mirato su queste prestazioni».
Legame col territorio - Tre, in particolare, le categorie di genitori interessate. Niente più assegni, ad esempio, per lo straniero che ha un permesso B, di dimora. «Ora per ricevere un sostegno - continua Trisconi Rossetti - occorrerà che almeno uno dei due genitori abbia il permesso C, di domicilio, o sia cittadino svizzero. E questo perché si vogliono sostenere persone che hanno un legame con il territorio».
Indipendenti - Giro di vite anche per i genitori che lavorano come indipendenti. «Capitava - riprende Trisconi Rossetti - che il reddito da indipendente segnalato dal genitore risultasse spesso inferiore a quello fissato dall’autorità fiscale. Inoltre, in passato, è capitato che qualcuno potesse mandare avanti la propria ditta grazie ai soldi degli assegni».
Il polverone - E che dire dei tagli per le famiglie biparentali in cui entrambi i genitori non lavorano o hanno un impiego a tempo parziale? Proprio questo punto sta suscitando un grosso polverone. «Lo Stato - sostiene una madre di Bellinzona - preferisce dare gli assegni completi a chi già lavora a tempo pieno. Io e mio marito in totale riusciamo ad avere un tempo di lavoro del 70%. Noi che avremmo bisogno, abbiamo subito un drastico taglio».
Senza lavoro - Sulla medesima barca, un padre di Lugano. «C’è tanta disoccupazione in giro, non ci sono molte possibilità di colmare la percentuale lavorativa mancante. Al Cantone mi hanno consigliato di andare in assistenza».
A carico dello Stato - Trisconi Rossetti replica: «Con questo provvedimento si vuole evitare che due genitori restino a casa, senza lavorare entrambi, a carico dello Stato. L'obbligo dei genitori di mantenere i loro figli è prioritario rispetto agli aiuti dello Stato tramite gli assegni. È vero che c’è chi fa fatica a trovare lavoro, ma ci sono anche genitori che non vogliono lavorare, pensando che l’assegno sia un atto dovuto. Peraltro, da tempo gli Uffici regionali di collocamento seguono le persone che si trovano in questa situazione, per aiutarle a trovare un impiego. Se il genitore è ben disposto, i risultati ci sono. Poi anche i datori di lavoro dovrebbero fare la loro parte».
Attacchi sui social network - Intanto però sui social network tra le persone colpite dai provvedimenti c’è chi attacca pesantemente lo Stato. «Abbiamo inviato circa 750 lettere a persone appartenenti alle tre categorie potenzialmente toccate dalle misure - conclude Trisconi Rossetti -, per informarle della modifica legislativa. Per ora abbiamo ricevuto una decina di reclami; nei prossimi giorni ne arriveranno altri. Umanamente posso capire che ci siano malumori. Noi però dobbiamo applicare le modifiche di legge approvate dal Parlamento».