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LOCARNO/BELGRADO“Nei campi d’accoglienza abbiamo trovato molto calore umano”

05.11.15 - 06:08
L’esperienza di due giovani locarnesi tra i profughi che arrivano nei Balcani
“Nei campi d’accoglienza abbiamo trovato molto calore umano”
L’esperienza di due giovani locarnesi tra i profughi che arrivano nei Balcani

LOCARNO/BELGRADO - A tu per tu con il calore umano, con i sogni e le passioni dei rifugiati che a centinaia stanno cercando di raggiungere i paesi europei. È l’esperienza vissuta da Luca Jegen (29 anni) e Danilo Tomasello (28), entrambi del Locarnese, che sono appena rientrati da un viaggio nei Balcani, dove hanno visitato alcuni campi d’accoglienza. “Il tutto è iniziato come una vacanza con tappa a Belgrado per consegnare vestiti e scarpe ricevuti da famiglie e amici – ci racconta Jegen – poi alcuni volontari ci hanno chiesto se ci andava di dare una mano”. È così che i due giovani ticinesi si sono dapprima avvicinati a profughi e volontari, e hanno poi deciso di recarsi in un campo d’accoglienza serbo a Berkasovo, alla frontiera con la Croazia. “Non siamo partiti senza una certa paura, temevamo attentati e rivolte” ci dice Jegen. Ma alla fine cos’hanno trovato? “Abbiamo respirato un’incredibile mole di vita!”

Nell’accampamento, allestito oltre un mese fa da alcuni volontari provenienti dalla Repubblica Ceca, arrivano quotidianamente centinaia di profughi. “Ci siamo messi a disposizione per il turno di notte, dividevamo i migranti in gruppi da cinquanta persone per evitare l’affollamento a ridosso della frontiera e per consegnare cibo, tè caldo e vestiti”. E i due hanno anche ascoltato le loro storie, come pure “ballato e cantato danze tipiche dei loro paesi, mescolando canzoni più occidentali”.

Da Berkasovo il percorso dei profughi continua verso la località croata di Opatovac. Mentre per l’accoppiata ticinese il viaggio è proseguito per la Slovenia, “dove la situazione dei rifugiati – osserva Jegen – è un po’ più precaria”. Là hanno infatti visto “centinaia di persone dormire all’aperto, unicamente protetti da coperte, nel fango e tra la spazzatura. Quella notte potevamo solo distribuire mantelline e cibo, perché mancavano le tende”.

Com’è possibile che in Europa si possa presentare una situazione del genere? Se lo sono chiesti i nostri interlocutori, ma anche molti dei volontari presenti sul posto. “Le opinioni sono contrastanti – ci spiega Jegen – c’è chi sostiene che i Governi non vogliano deliberatamente fare le cose bene, per non favorire l’immigrazione. Altri sostengono invece che i Governi non erano pronti a uno scenario simile”. Difficile dire quale sia la verità. Tuttavia gli esempi positivi non mancano. “In Croazia, per esempio, è intervenuto l’esercito, che ha allestito campi con tendoni, servizi, cibo e altro”.

Gli aiuti provengono comunque soprattutto dalla gente, da persone ‘qualunque’ che all’inizio della crisi hanno deciso di raggiungere la frontiera per aiutare i migranti con i propri mezzi. “È stato fantastico scoprire che sono nati veri e propri network, in cui i volontari comunicano le esigenze e lo stato della situazione nei vari campi per gestire al meglio risorse materiali e umane” conclude Jegen.

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