Cerca e trova immobili

TICINOQuegli universitari che dall'Est si pagano gli studi in Ticino

19.04.12 - 19:02
La clausola di salvaguardia colpisce i lavoratori dell'est europeo. Lo scetticismo dell'ortofrutta ticinese: "No ai regimi di serie A e di serie B"
Keystone
Quegli universitari che dall'Est si pagano gli studi in Ticino
La clausola di salvaguardia colpisce i lavoratori dell'est europeo. Lo scetticismo dell'ortofrutta ticinese: "No ai regimi di serie A e di serie B"

BERNA - Gesto simbolico, decisione inutile, specchietto per le allodole. La decisione del Consiglio federale di applicare la clausola di salvaguardia nei confronti dei cittadini dei paesi dell'est non ha raccolto l’unanimità dei consensi. Dal mondo economico alla sinistra vi è un certo scetticismo sull'utilità di questo provvedimento, considerato più che altro un gesto simbolico da parte di un Governo che cerca di dare una risposta a quelle ampie fasce di popolazione svizzera intimorite dai numeri dell’immigrazione.

C'è un settore economico, quello del primario, che di persone dall'est europeo ne ha un grande bisogno. E dal 1° maggio saranno soltanto duemila, rispetto ai 6000 degli scorsi anni, i permessi che potranno essere rilasciati ai cittadini dell'Europa Orientale.
Sono loro in Svizzera che, alla stagione della raccolta di asparagi, fragole, rapanelli, insalata, pomodori scendono nei campi o entrano nelle serre a lavorare.

"In Ticino sono circa una quarantina coloro che arrivano dall'est europeo, in prevalenza da Romania e Bulgaria, su un totale di circa 900 addetti nel primario" - spiega Renato Oberti, presidente dell'Associazione Orticoltori ticinesi (OrTI) - "sono in maggioranza giovani studenti universitari che per pagare i loro studi trascorrono la stagione sui campi e nelle serre".

"Se domani devo cominciare la raccolta di insalata nella mia azienda agricola – gli fa eco Marco Bassi, presidente della FOFT - e chiedo al Canton Ticino quanti ticinesi mi vengono ad aiutare non ne trovo nemmeno uno. E allora ho due soluzioni: o raccoglierla o lasciarla lì". Il presidente della Federazione Ortofrutticola Ticinese" aggiunge: "Se vogliamo mandare avanti le nostre aziende abbiamo bisogno di loro, di quella manodopera, perché di indigeni non ne abbiamo. Non perché non li voglio prendere, ma perché anche se pubblicassi annunci di una pagina intera su tutti i giornali, non servirebbe a niente. Nessun ticinese si annuncerebbe".

"Il nostro settore, il primario, è sempre quello più colpito rispetto ad altri – riprende Oberti. Visto che hanno voluto far entrare in Europa questi 8 paesi – continua il presidente dell’OrTI - è giusto che si dia la possibilità ai loro cittadini di venire qui a lavorare. Non è giusto instaurare un regime di serie A e di serie B”.

Oberti spiega che gli addetti alla raccolta provenienti da questi paesi,  alla fine della stagione, che dura dai tre ai sei mesi, i n genere se ne tornano a casa. “Non succede come in altri settori, come nell’alberghiero per fare un esempio, che in cui vi sono addetti che lavorano per la stagione e poi usufruiscono della disoccupazione”.

Sul fronte salariale e diritti, il settore assicura condizioni di lavoro e paghe più che dignitose: “Questi lavoratori sono pagati mensilmente. Quindi vuol dire che se piove e quindi non possono lavorare,  a fine mese riceveranno la loro paga per intero e non sarà la disoccupazione a pagare il mancato introito, bensì noi. Una paga che si aggira attorno ai 3.280 franchi al mese”.

“Una paga che, oggi come oggi, in Ticino ormai non tutti i ticinesi riescono a guadagnare” conclude Oberti.

Condizioni salariali che, visto i periodi di difficoltà economiche, potrebbero far gola ai lavoratori provenienti dall’Italia: “Dall’Italia, con la crisi che c’è, qualcuno si trova. Sicuramente” conclude Bassi.
 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE