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TICINOInterrogazioni, 300 all'anno e 100 di Quadri

11.08.11 - 09:17
Il Presidente del Gran Consiglio, Gianni Guidicelli: "Spesso chi fa l'interrogazione conosce già le risposte"
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Interrogazioni, 300 all'anno e 100 di Quadri
Il Presidente del Gran Consiglio, Gianni Guidicelli: "Spesso chi fa l'interrogazione conosce già le risposte"

BELLINZONA - La battuta che si fa spesso nell’ambiente politico ma anche in quello giornalistico è: “Ma oggi non è arrivata l’interrogazione di Quadri?” Un sorriso e puntualmente arriva. L’interrogazione, quell’atto parlamentare utilizzato dai deputati per chiedere notizie e spiegazioni al Consiglio di Stato su determinate tematiche, è ormai all’ordine del giorno e non solo da Quadri.

Anche il Presidente del Gran Consiglio Gianni Guidicelli ne è consapevole. “Se accade qualcosa nel nostro Cantone, si può essere certi che il giorno stesso arriverà un’interrogazione sull’episodio. A volte se non arriva, resto sorpreso, ma poi due giorni dopo scopro che è stata presentata.  L’uso di questo atto è ormai scontato su determinate tematiche, per esempio la criminalità. Le domande sono sempre le stesse:  chi sono gli autori degli atti di violenza, che nazionalità hanno, se sono svizzeri o stranieri, quando sono stati naturalizzati e quant’altro”.

I dati - L’aumento è palese. Basta dare una scorsa ai dati. Dalle attività del Gran Consiglio, i numeri delle mozioni, interpellanze e iniziative sono più o meno gli stessi dal 1976. Le interrogazioni invece aumentano a vista d’occhio. Il primo salto si registra nel 1995 (anno in cui entra in Parlamento la Lega dei Ticinesi). Si passa da 65 a 157 in un anno. Il secondo salto è nel 2005,  con 250 interrogazioni, e poi negli anni successivi si raggiunge una media di 300 circa. Ma la curiosità è che è proprio quel Lorenzo Quadri, a cui si accenna su, a detenere il record. Nel solo 2010 per esempio, a fronte delle 287 interrogazioni complessive,  il deputato leghista ne ha presentate 100. Oltre un terzo insomma. Come volevasi dimostrare, verrebbe da dire con il motto matematico. Delle 100 oltre la metà sono centrate su rapporti Ticino/Italia e stranieri e criminalità.

Per Gianni Guidicelli, la tendenza è in aumento. “Il fatto che un solo deputato produca un terzo delle interrogazioni complessive potrebbe dimostrare che quel consigliere è particolarmente attivo. Eppure ci sono deputati che non usano l’interrogazione ma sono molto attivi ed efficaci nei dibattiti in parlamento o in commissione. Si può essere incisivi anche in un altro modo. L’uso delle interrogazioni è semplicemente più plateale perché se ne parla di più (sulla stampa), mentre l’altro tipo di lavoro ha una minore visibilità”.

Sia chiaro - spiega Guidicelli- per me è legittimo utilizzare lo strumento delle interrogazioni, “il loro ruolo è necessario,  al fine della conoscenza  e della vigilanza sull’operato del Cds e dell’amministrazione cantonale. Io non dico quindi che non è giusto farne uso, io stesso ho fatto un buon numero di interrogazioni e atti parlamentari,  ma  spesso chi fa l’interrogazione conosce  già le risposte, ed oggi è sempre più finalizzata a dare visibilità al parlamentare. Sta aumentando l’ uso strumentale di questo atto, utilizzato per amplificare o dare un peso  eccessivo ad un determinato problema”.

I costi – Ma le interrogazioni costano allo Stato?  Guidicelli pensa proprio di sì soprattutto con l’aumento negli ultimi anni: “Ogni interrogazione mette in atto un’operazione amministrativa, che coinvolge i singoli dipartimenti o altri uffici interessati, al fine di stilare una risposta che viene prima sottoposta al Consiglio di Stato e poi al richiedente. Tutto questo genera un costo tout court che si può quantificare con un onere finanziario, a dipendenza del grado di approfondimento che richiede.  È un onere legato al lavoro di un giorno, o due giorni, che un alto funzionario impiega per  produrre la risposta con analisi e approfondimenti.  Non è un qualcosa in più rispetto ai costi previsti, ma ogni atto amministrativo in una contabilità analitica rappresenta un costo. Ammettiamo che non sia possibile fare interrogazioni, in quel caso avremmo bisogno di un minore numero di funzionari”.

Soluzioni – Eppure di soluzioni, per limitare questo tipo di utilizzo, non ce ne sono, proprio perché l’atto rientra nella democrazia dello Stato. “Penso sia difficile fare qualcosa per limitare l’uso degli atti parlamentari.  È legittimo adoperarli ma auspico che chi fa ne fa uso, lo faccia perché è convinto che sia giusto in quel momento. Ogni parlamentare dovrebbe essere consapevole di quello che comportano queste continue richieste. Bisognerebbe quantificare il costo di ogni atto parlamentare e poi sulla base di tali considerazioni lasciare al deputato la libera scelta”.

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