Cerca e trova immobili

TICINODocenti sull'orlo di una crisi di nervi

26.03.10 - 07:22
Dietro la lavagna, stress, depressione e... lo psicologo
Ti-Press
Docenti sull'orlo di una crisi di nervi
Dietro la lavagna, stress, depressione e... lo psicologo

BELLINZONA – I docenti ticinesi sono sempre più stressati. Demotivati o sull’orlo di una crisi di nervi. Le cifre, ovviamente, sono protette dal segreto professionale. Ma sono in netto aumento gli insegnati che devono fare ricorso a psicologi o psicoterapeuti. “E questo – spiega Pietro Ortelli, presidente del sindacato OCST docenti – perché nel corso degli ultimi 15 anni il ruolo di docente è stato gradualmente svalutato a livello sociale ed economico. È ora di dare una svolta a questa situazione. Altrimenti, tra un po’, nessuno vorrà più insegnare”. D’altra parte tra i banchi di scuola sono aumentate anche le difficoltà oggettive. “È sempre più difficile – conferma Sonja Baruffini Marazzi, psicologa – porre dei limiti a un gruppo di bambini o ragazzi. Sono gli stessi problemi che hanno i genitori moderni. Il docente spesso si ritrova a combattere da solo nel cercare di far rispettare questi limiti”.

Mancanza di rispetto - M. F. insegna materie scientifiche da alcuni anni in una scuola media del Locarnese. Quando torna a casa alla sera è sempre distrutto. “I ragazzi vedono che sono giovane – dice – e quindi, probabilmente, ne approfittano. Faccio molta fatica a reggere il confronto con i miei allievi. Soprattutto con le ragazze che spesso si rivolgono a me con toni strafottenti. Ci sono dei giorni in cui i minuti che precedono la mia entrata in certe classi si trasformano in un incubo”. M.F. da qualche tempo si reca, una volta ogni 15 giorni, da uno psicologo. “Mi serve per sfogarmi – ammette – e confrontarmi con una persona neutra, slegata dal contesto scolastico. Non me ne vergogno. Certo, non lo sbandiero ai quattro venti perché se lo venissero a sapere i ragazzi o i loro genitori…”.

Immersi nel rumore - Anche I.D., giovane maestra di scuola dell’infanzia del Luganese, è confrontata con una situazione difficile. Lei ne parla apertamente, non nascondendo una certa preoccupazione. “Noi maestre della scuola dell’infanzia – fa notare – siamo immerse tutto il giorno nei rumori, senza pause. Non c’è mai un attimo di silenzio. Nemmeno quando si mangia. Anzi, quello è il momento più delicato. I bambini urlano di più e le maestre devono sgolarsi”. D.I. ama il suo lavoro. Ma da qualche tempo ha iniziato a recarsi, periodicamente, da uno specialista che possa seguirla. “Spesso ho le palpitazioni a mille – puntualizza –, non è una bella cosa. E tutto questo per poi magari sentirti dire che noi maestri siamo sempre in vacanza o che guadagniamo una barca di soldi senza fare nulla. Sono anche questi dettagli a pesarmi e a fare in modo che io debba andare da uno psicologo. Non reggo più certe dicerie”.

Le preoccupazioni – Che alla scuola nel corso dell’ultimo decennio siano state delegate troppe responsabilità è un dato di fatto. Così come è evidente la crescente problematicità di allievi e studenti. Per Pietro Ortelli la situazione che vede in crisi il ruolo di insegnante è, tuttavia, riconducibile a un altro fattore, che corre in parallelo agli altri due. “Il docente oggi non ha il riconoscimento che meriterebbe – sottolinea –. Basti pensare ai salari: il Ticino è il cantone in cui si guadagna meno”. Ma, secondo Ortelli, anche socialmente non c’è un coinvolgimento. “Ad esempio: perché in Gran consiglio non possono esserci dei docenti? Contribuirebbero in maniera determinante all’evoluzione della scuola ticinese. Invece può andarci solo chi è in pensione. La teoria del conflitto di interessi non regge: che conflitti di interesse può mai avere un insegnante? Così i docenti sono costretti a subire le decisioni degli altri, di gente che magari non sa nulla di concreto della scuola”.  Il recente convegno dell’OCST sulla figura dell’insegnante, svoltosi a Lugano, voleva proprio porre le basi per fare in modo che questa categoria possa rialzare la testa. “Ma ci deve essere la volontà per farlo – commenta Ortelli –, a tutti i livelli”.

Chiusi nel silenzio – A essere cambiato è anche il rapporto tra insegnante e genitore. Fino a una ventina d’anni fa c’era grande rispetto e collaborazione tra i due poli educativi. “Oggi – riprende Sonja Baruffini Marazzi – capita che il genitore sia in disaccordo con l’insegnante su determinate questioni e lo espliciti, magari anche davanti al bambino o al ragazzo. Nel docente si crea così nuova insicurezza e solitudine”. Tra le possibili reazioni da parte dell’insegnante c’è anche quella di chiudersi nel silenzio. “Io invece – conclude la psicologa – consiglio a tutti di parlarne con i colleghi, all’interno dell’istituto. Il confronto con persone che praticano lo stesso ambiente può aiutare molto. In alternativa consiglio di fare ricorso a un sostegno esterno”.

 


Foto apertura (archivio): Ti-Press

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE