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MONTE CENERIOmicidio Jacoma: ecco perché i gay non aiutano la polizia

11.11.09 - 09:27
A quasi tre mesi dall'episodio sul Ceneri non è ancora stato trovato l'assassino dell'81enne di Claro. Gli omosessuali che frequentano le aree di sosta non collaborano con gli agenti. E ora c'è chi vuole aprire un bar specializzato in incontri al buio.
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Omicidio Jacoma: ecco perché i gay non aiutano la polizia
A quasi tre mesi dall'episodio sul Ceneri non è ancora stato trovato l'assassino dell'81enne di Claro. Gli omosessuali che frequentano le aree di sosta non collaborano con gli agenti. E ora c'è chi vuole aprire un bar specializzato in incontri al buio.

MONTE CENERI - I gay hanno paura di collaborare con la polizia. È quanto si sussurra negli ambienti omosessuali ticinesi in relazione all’omicidio dell’81enne di Claro Lindy Jacoma, avvenuto lo scorso 23 agosto nell’area di sosta autostradale del Ceneri, luogo notoriamente gettonato dagli stessi omosessuali. Anche così si spiega la nebbia che continua ad avvolgere il caso a quasi tre mesi di distanza. L’assassino non è stato trovato. E anche chi forse sa qualcosa preferisce tacere. "In Ticino i gay che incontrano la polizia nelle aree di sosta si sentono a disagio – spiega Andrea Ostinelli, operatore sociale –. Anche perché non si capisce mai se, durante i loro interventi, gli agenti facciano opera di sicurezza o di repressione".

"La polizia si comporta in modo ambiguo" - L’omicidio di Jacoma ha riportato alla luce il problema degli omosessuali sulle aree di sosta del Ceneri e di Muzzano. "Per esempio: il settimanale RSI Falò – riprende Ostinelli – ha seguito una pattuglia della polizia in una serata di controlli. Chi ha visto la trasmissione si sarà reso conto che gli agenti si rivolgevano ai presenti in tono ironico e talora sarcastico. Se si comportano così in presenza delle telecamere, mi pare lecito chiedersi come si comportino gli stessi poliziotti senza troupe al seguito. Insomma, bisogna evitare questo rapporto ambiguo tra gay e polizia. Ancora oggi in Ticino la maggior parte dei gay si vergogna. Se si iniziasse a puntare sul dialogo in sedi più appropriate, sarebbe molto diverso"

Meglio il silenzio - "Gli omosessuali – conferma Bruno Ferrini, ex responsabile di Spazio Gay a Massagno – non hanno il coraggio di farsi vedere come tali. E quindi anche il fatto di parlare con la polizia lo vivono come un’umiliazione". Paura e frustrazione. Dopo diversi tentativi andati male, i gay in Ticino non vogliono più esporsi. E scelgono il silenzio. "Non posso sapere se sul caso Jacoma qualcuno possa effettivamente parlare – precisa Ostinelli –. Ma adesso è giunta davvero l’ora di sedersi tutti a tavolino per sensibilizzare congiuntamente sia gli agenti di polizia, sia le persone che frequentano le aree di sosta. Sarebbe molto più facile per le autorità far passare messaggi come quello di rispettare gli spazi pubblici".

Un bar per gli incontri al buio - Nel frattempo, dopo il servizio di Falò, alcuni esercenti (uno a Biasca e uno nel Locarnese) per tentare di superare il problema delle aree di sosta, stanno pensando di aprire un locale gay specializzato negli incontri al buio. "Sì – dice Ferrini –, se ne sente parlare. Anche perché in Ticino per gli omosessuali è rimasto ben poco, salvo qualche sauna. Spero solo che non si creino dei locali-ghetto, in cui confinare i gay. Ci sono esercenti, inoltre, che per risollevare le sorti di un bar in crisi pensano di puntare sugli omosessuali. Ma attenzione, non c’è alcuna garanzia di successo: i gay sono molto più esigenti degli eterosessuali". "Mi fa piacere che qualcosa si stia muovendo – conclude Ostinelli –. Tuttavia personalmente preferirei che si pensasse a spazi di aggregazione associativi, piuttosto che a iniziative puramente commerciali".

Patrick Mancini

 

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