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TICINOIndustria in crisi, Lepori: "Classe politica impreparata"

13.10.09 - 17:13
Il dirigente sindacale Unia critica la classe politica ticinese "che sembra più interessarsi di cani e razze da proibire rispetto a quelli che sono i problemi che sta attraversando l'industria in questo periodo di crisi".
Keystone
Industria in crisi, Lepori: "Classe politica impreparata"
Il dirigente sindacale Unia critica la classe politica ticinese "che sembra più interessarsi di cani e razze da proibire rispetto a quelli che sono i problemi che sta attraversando l'industria in questo periodo di crisi".

LOCARNO - Il Ticino non è soltanto banche e assicurazioni. Il Ticino è anche industria, produzione, tecnologia. Ma l'autorità politica sembra disinteressarsene e sta a guardare. E' questo, in sintesi, il pensiero di Rolando Lepori. Lo sfogo del responsabile sindacale di Unia, è di quelli forti, che vogliono scuotere le coscienze un po' intorbidite di una classe dirigente "che sembra più interessarsi di cani e razze da proibire rispetto a quelli che sono i problemi che sta attraversando l'industria in questo periodo di crisi".

Malessere generale evidente - La notizia di questa mattina, di licenziamenti alla Zinnanti Sa di Gordola non è che l'ultima di una serie che conferma la seria difficoltà del comparto produttivo ticinese. "Nell'industria ticinese c'è un malessere generale evidente - ci conferma Lepori - Le aziende stanno vedendo peggiorare la loro situazione economica e occupazionale giorno dopo giorno, mentre l'autorità politica non reagisce, non risponde".

Industria che produce il 20,1% del PIL - Lepori auspicherebbe una classe politica più sensibile nei confronti di un reparto, quello industriale e produttivo che in Ticino produce un quinto di tutta la ricchezza prodotta nel nostro paese: "Non dobbiamo scordare che il settore industriale - precisa Lepori - rappresenta il 20,1% del PIL cantonale. Una quota superiore ai settori bancari e assicurativi, se presi singolarmente".

Classe politica impreparata - Lepori illustra quali sono le ragioni alla base di questo disinteresse da parte di una classe politica che Lepori giudica "scarsamente preparata sulla realtà industriale ticinese". Il dirigente sindacale, infatti, nelle sue constatazioni è giunto alla conclusione che, osservando l'estrazione sociale e di appartenenza degli eletti sia in Gran Consiglio, sia in Consiglio Nazionale, “i politici ticinesi considerano l'industria un'attività marginale, preferendo l'appoggio a lobby che tutelano i settori assicurativi e bancari".

Cultura imprenditoriale - Il Lepori, in tutti i casi, non scorda che, per tradizione, il Ticino, vista l'occupazione da Oltralpe, non ha avuto modo di sviluppare un'antica cultura imprenditoriale autoctona pari a quella lombarda ed è quindi più difficile trovare quelle sensibilità imprenditoriali all'interno di una classe dirigente profondamente permeata da una mentalità borghese vicina agli avvocati e alla finanza: "E' vero - ammette Lepori - in Ticino non ci sono molti imprenditori e abbiamo da sempre vissuto grazie all'industriale di importazione. E' però anche vero che l'industria si è radicata in Ticino da un secolo. Non da due giorni".

Due pesi e due misure - E in questo Ticino che scorda le sue industrie, c'è una classe dirigente, invece, molto sensibile al settore bancario e ai suoi grattacapi. Ora, nel nostro cantone, sembra che lo scudo fiscale di Tremonti rappresenti uno dei pericoli più incombenti per la nostra stabilità socio-economica: "Ci si preoccupa tanto e si chiede l'intervento del Governo su una sanatoria che, in definitiva, premia quelle persone che, nella loro nazione di origine, risultano essere degli evasori fiscali mentre per chi lavora e produce, la politica sembra non degnare nessuna considerazione".

"Per renderci conto di quanto il nostro governo cantonale tenga in considerazione il settore industriale – continua Lepori - basta dare un'occhiata al pacchetto anticrisi: quattro punti su una lista di un centinaio di interventi previsti".          

Situazione dell'industria ticinese - Si può parlare di situazione drammatica dell'industria ticinese? "Drammatica non ancora – risponde il sindacalista Unia -  ma per alcune aziende la situazione è molto seria. Lo dimostra il fatto che vi sono aziende con un calo di ordinativi del 75%. A soffrire è l'industria di esportazione".

La particolarità locarnese - Il Locarnese sembra soffrire più di altre regioni del cantone. "Soffre perché le grandi aziende, Diamond e Agie stanno attraversando una difficile crisi e di conseguenza, tutto l'indotto. Non dobbiamo poi scordare che la crisi del Locarnese balza più all'occhio rispetto ad altre regioni del nostro cantone soprattutto perché occupa tanta manodopera residente. All'Agie, per esempio i lavoratori residenti sono il 70% del totale. Ed è quindi normale che i licenziamenti all'Agie si riflettono sul tasso di disoccupazione ticinese, mentre se vengono lasciate a casa nel Mendrisiotto 50 operaie frontaliere, statisticamente non cambia nulla”.

p.d'a.

Foto d'apertura: Keystone
 

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