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TICINOCapre imprigionate nella neve, la parola a un agricoltore: "Da Besomi solo menzogne"

23.01.09 - 10:00
Tipress / Francesca Agosta
Capre imprigionate nella neve, la parola a un agricoltore: "Da Besomi solo menzogne"

BELLINZONA - Armando Besomi e la sua Spab, la Società Protezione Animali di Bellinzona sono riusciti nelle scorse settimane a ritagliarsi un certo spazio nelle cronache locali. La serie di interventi, talvolta spettacolari, per salvare numerose capre intrappolate nelle nevi della Val Pontirone, ha sollevato non poche polemiche. La Spab, parlando di "situazione spaventosa" ha infatti rimproverato i proprietari degli animali, richiamandoli alla loro responsabilità. "Parecchie capre stanno morendo nella neve - aveva dichiarato Besomi a Tio - Precipitano dalle rocce dove avevano cercato rifiugio e vengono mangiate dai corvi".

Allevatori insensibili e spietati? Oggi arriva la risposta di un agricoltore ticinese, Olindo Vanzetta, profondo conoscitore del mondo agropastorale che spiega la situazione del pascolo di montagna e parla di "interventi, quelli della Spab, abusiv e senza il consenso dei proprietari".

A tal proposito secondo Vanzetta "gli interventi in esame riguardano sostanzialmente capre abusivamente prelevate senza il consenso dei proprietari e senza che vi fossero le condizioni oggettive che giustificassero simili costosi interventi. Spettacolarizzazione e menzogne date in pasto e puntualmente riprese senza nessuna verifica dai media. Veri e propri spot pubblicitari fuorvianti e disonesti realizzati dagli stessi eroici salvatori di capre e pecore falsamente imprigionate nella neve. Le circa 200 capre morte o in procinto di morire perché imprigionate nella neve, riportate dai media su segnalazione del Sig. Besomi sono menzogne".

Vanzetta infatti smentisce la denuncia della Spab secondo cui le oltre 200 capre stessero per andare incontro a morte sicura e parla di una poco edificante girandola di notizie menzognere alla quale si aggiunge "l'infelice uscita del direttore di WWF Ticino , secondo il quale le poche pecore e capre predate dal lupo sarebbero noccioline a confronto di quelle perse e lasciate morire per incuria in montagna dagli stessi allevatori proprietari".

Una mistificazione dei fatti amplificata secondo l'agricoltore da filmati in cui si vedono persone che "rompono il ghiaccio in un abbeveratoio per pecore e lasciar cadere del fieno davanti a una telecamera e non importa se questo finisce per essere calpestato, importante è passare per salvatori generosi con azioni dimostrative e clamorose".

Vanzetta poi si rivolge all'autorità veterinaria cantonale: "invece di apparire sugli schermi televisivi non è prima intervenuta presso il proprietario per indurlo ad accudire lui stesso se del caso, alle sue pecore?".

"In questo intervento l’unica capra gravemente ferita e morta in seguito nel “rifugio” della SPA di Gnosca - scrive Vanzetta - è quella caduta perché spaventata dall’elicottero e rincorsa dagli ispettori rocciatori della SPA. Nel caso di Pontirone non vi era nessuna urgenza e sarebbero bastati dei gambali da neve e un po’ di pane secco per recuperare le capre con calma, competenza e senza spese".

Vanzetta spiega "che sono gli allevatori a sapere quando il fieno serve e quando invece è sciupato e sono loro a conoscere la straordinaria e incredibile resistenza delle capre cresciute e abituate a vivere in montagna".

"Le capre di un tempo, dei nostri nonni e bisnonni per intenderci, venivano fatte partorire a primavera tramite una attenta e rigida sorveglianza dei maschi e questo perché il poco e prezioso fieno serviva alle mucche. Venivano quindi di regola, a seconda delle zone, stabulate per San Giuseppe, - continua Vanzetta-  pochi giorni prima dell’inizio dei primi parti che coincidevano con l’incipiente primavera, che portava nuovi e freschi germogli. Così che con un minimo di fieno venivano accompagnate ad affrontare l’inizio di un nuovo cielo di una nuova stagione".

"Pur con tutte le debite e sostanziali differenze dei nostri giorni - conclude Vanzetta - nessuno può legittimamente sostituirsi all’allevatore-capraio nel decidere come condurre la propria azienda, e fintanto che la SPA non opera in concreto con i proprietari, la stessa non è credibile, risulta essere nella migliore delle ipotesi un corpo inorganico avulso dal contesto nel quale essa pretende di beneficamente operare".

"Questo è un vero peccato, in quanto gli ingenti mezzi finanziari di cui dispone se usati bene, potrebbero essere un valido aiuto nel recupero di animali veramente bisognosi di soccorso, e questo nell’interesse anche e soprattutto dell’immagine stessa della società".
 

Foto d'apertura: Tipress / Francesca Agosta

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