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TICINOIn lista d’attesa per stare in coma

27.11.07 - 07:39
In Ticino un centinaio di persone ogni anno finiscono in coma. E per chi si ritrova a lungo tra la vita e la morte mancano spazi sanitari in grado di ospitarli. Da chi opera in questo settore arriva una chiara richiesta d’aiuto: “Sono necessari posti letto, perchè la richiesta è maggiore dell’offerta”. E in Ticino le strutture sanitarie sono in grado di fare risposte adeguate alle esigenze di chi finisce in coma o in uno stato vegetativo?
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In lista d’attesa per stare in coma
In Ticino un centinaio di persone ogni anno finiscono in coma. E per chi si ritrova a lungo tra la vita e la morte mancano spazi sanitari in grado di ospitarli. Da chi opera in questo settore arriva una chiara richiesta d’aiuto: “Sono necessari posti letto, perchè la richiesta è maggiore dell’offerta”. E in Ticino le strutture sanitarie sono in grado di fare risposte adeguate alle esigenze di chi finisce in coma o in uno stato vegetativo?
 
LUGANO -  Ogni anno in Ticino almeno un centinaio di persone  finiscono in coma. Lo scorso anno, statistiche alla mano, 93 persone si sono trovate a dover affrontare un’esperienza di questo genere. Molti di loro ne sono usciti, con conseguenze spesso drammatiche , altri ci sono ancora o vivono in uno stato di minima coscienza, obbligati a vivere in strutture sanitarie che non ce la fanno più ad affrontare il numero sempre più crescente di ricoveri a lunga degenza.
 
L’allarme, che arriva da chi  opera in questi settori, è unanime: “mancano posti letto per pazienti con diagnosi da coma”.
“In Ticino dobbiamo contare sulla dita di una mano le strutture sanitarie  in grado di ospitare chi è costretto a vivere in coma o in stato vegetativo -  ci dice Giorgio Salvadè, Vice-primario di medicina all'Ospedale Italiano di Lugano – spesso vengono ospitati in case per anziani, quelle dotate di strutture sanitarie, altri soprattutto i più giovani vengono portati alla Fondazione Otaf di Sorengo. Per non parlare dei casi per i quali si rende necessario il trasporto nella Svizzera interna”.
Vien da chiedersi a questo punto  se le strutture sanitarie in Ticino  siano in grado di dare delle risposte adeguate alle esigenze di chi finisce  a ritrovarsi a lungo termine  tra la vita e la morte.

“La risposta da parte delle strutte sanitarie è positiva soprattutto nelle fasi acute e riabilitative” ci precisa Fabio Conti, neurologo e primario del Centro di riabilitazione  della clinica Hildebrand di Brissago, che domani sera, martedì, parteciperà alla serata informativa “Curare alle frontiere della vita” (vedi riquadro a lato).  “Dobbiamo semmai migliorare la situazione per quanto riguarda i giovani, quelli che restano vittime di incidenti o finiscono in coma per overdose – spiega Conti - per loro sarebbe necessario creare un’unità unica  in cui raggrupparli,  insomma  un’unità centralizzata gestita da professionisti, perché anche il personale medico e infermieristico non sempre è preparato ad affrontare situazioni di questo tipo. E sono situazioni estremamente delicate. In Ticino esistono strutture sanitarie adeguate  come ad esempio la Casa per anziani di Paradiso, ma non si può fare affidamento solo su queste singole strutture”.

La lista d’attesa per stare in coma

La Casa per anziani di Paradiso ha una decina di pazienti che “vivono”  in questo stato. Il personale medico con cui abbiamo parlato non può fare a meno di evidenziare  la mancanza di posti. “Da noi c’è la lista d’attesa. Non siamo in grado di far fronte a tutte le richieste che arrivano, e spesso ci propongono casi perfino da oltre Gottardo di persone in stato comatoso o con forte disabilità”.
Paradiso, Cevio, la clinica Varini di Orselina. Tutte realtà che si ritrovano a dover affrontare  il problema della carenza dei posti letto. “E’ molto difficile che i familiari del paziente possano domiciliare chi resta fortemente disabile e siano in grado, attraverso cure a domicilio, di farsi carico del malato. La maggior parte di loro resta nelle nostre strutture fino alla morte”, ci dicono da Paradiso.

Anche in coma sono persone e non oggetti

Tra le difficoltà che il personale medico e infermieristico è costretto ad affrontare, c’è quello relativo al tipo di cure da prestare. “Uno dei miei impegni è che ci sia per i pazienti una situazione di cure ottimali, sia da un punto di vista clinico che umano” ci dice Fabio Conti.
“Bisogna sforzarsi di considerarli come persone, e non oggetti o semplici numeri” ci dicono coloro che lavorano quotidianamente in questi ambiti. “Meritano carezze, parole dolci, perché sono persone che sebbene in coma riescono a percepire  determinati messaggi, anche se ciò è scientificamente  molto difficile da dimostrare”. Un compito  non certo facile, soprattutto quando non si ha mai un feedback che questo tipo di comportamento possa essere recepito dal malato. “Per noi non è una professione – ci dicono quelli della casa per anziani di Paradiso – ma una vera e propria missione, una missione fatta di totale dedizione nei confronti del malato. E’ un lavoro molto difficile, possibile solo con l’aiuto e la collaborazione   dei familiari”.

I familiari,  chi resta e chi fugge

Per i familiari e i parenti che si ritrovano da un giorno all’altro a vivere questa esperienza, la vita cambia inevitabilmente: “Per loro è una vera e propria tragedia , dove spesso la fatica più grande è proprio l’accettazione della malattia stessa, soprattutto quando il malato è giovane. E’ compito del personale medico aiutare i familiari, fornire loro tutte le informazioni necessarie e assisterli psicologicamente”, conclude Fabio Conti della clinica Hildebrand.
Come reagiscono i familiari? “Alcuni restano accanto al malato – ci spiegano - si recano quotidianamente vicino al letto e parlano con lui. Ma sono l’eccezione. La maggior parte non riesce ad accettare la malattia e pian piano si allontana dal paziente. Non ce la fanno più a dover affrontare il dolore. Per loro la persona è morta il giorno dell’incidente”.
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