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LUGANOElezioni, Svizzera-UE, la sinistra di oggi: intervista a Piero Fassino

19.03.06 - 09:42
In occasione del suo arrivo in Ticino, il Segretario nazionale dei DS, parla a ruota libera con TicinOnline
Foto d'archivio
Elezioni, Svizzera-UE, la sinistra di oggi: intervista a Piero Fassino
In occasione del suo arrivo in Ticino, il Segretario nazionale dei DS, parla a ruota libera con TicinOnline

Onorevole Fassino, perché ha deciso far tappa a Lugano in questa campagna elettorale che, il 9 e 10 aprile, porterà i cittadini italiani al voto per il rinnovo dei poteri dello Stato?
"Perchè, come è noto, da queste elezioni viene introdotto nel sistema elettorale il voto degli italiani che risiedono stabilmente all'estero. E quindi, nell'ambito della campagna elettorale, mi è sembrato giusto venire a Lugano per spiegare ai nostri concittadini che vivono lì le buone ragione per votare il centrosinistra".

La considera dunque una tappa importante della sua campagna elettorale? Pensa che gli italiani all'estero possano essere determinanti per la vittoria del centrosinistra?
"Certo, è un appuntamento importante. Intanto perchè è la prima volta che si applica questa nuova legge, il cui iter fu avviato da me quando ero sottosegretario agli esteri. In secondo luogo perché il voto degli italiani, con l'elezione di 12 deputati e 6 senatori, è importate per gli equilibri che si determineranno nel prossimo parlamento. Quindi noi riteniamo che dal voto degli italiani che vivono all'estero può venire un sostegno forte al centrosinistra e alla sua possibilità di vittoria. Riteniamo anche che un Governo di centrosinistra sia il governo più adeguato a e piu capace di tutelarli e di rappresentarli bene".

Quindi una ragione per cui gli elettori italiani dovrebbero venirla ad ascoltare a Lugano è perché, se andrete al Governo, vi impegnate a rappresentarli al meglio
"Non solo, noi ci batteremo perchè si realizzino sempre di più i due obbiettivi che sono essenziali per qualsiasi cittadino italiano che vive all'estero. Da un lato che sia pienamente riconosciuto come cittadino titolare di tutti i diritti e quindi sia pienamente integrato nel paese e nella società in cui vive. E contemporaneamente possa liberamente esprimere la propria identità culturale italiana e vivere pienamente la propria identità nazionale. Quindi integrazione e identità come due aspetti non alternativi ma complementari".

Svizzera e Unione europea: secondo lei il nostro paese dovrebbe entrare nell'UE?
"Io penso che nel mondo della globalizzazione non c'è più nessun paese che può pensare al proprio futuro da solo. Sempre di più contano nel mondo soggetti grandi e forti. Quando bisogna fare i conti con una Cina di un miliardo e trecentomila persone o con un India di un miliardi di abitanti, non è il singolo paese europeo, con qualche decina di milioni di cittadini, che ha la forza per competere. Sempre di più c'è bisogno di una Europa unità con i suoi 450 milioni di abitanti, col suo potenziale tecnologico, produttivo e finanziario, che è in grado di essere un grande soggetto dell'economia mondiale. E quindi è interesse di ogni paese europeo essere parte e far parte di una Europa più unita più forte".

Gli italiani che risiedono in Svizzera, sono abituati a vivere in uno Stato federale che prevede una grande autonomia per i cantoni. Più di una volta mi è capitato di sentire suoi concittadini arrabbiati perché in Italia non si riesce ad attuare una riforma federalista simile al modello elvetico. Lei che ne pensa?
"La storia svizzera e la storia italiana sono molto diverse, perché la Svizzera è nata come confederazione di cantoni che si sono uniti, l'Italia invece è uno Stato unitario che decide di articolarsi su base federale. Sono due processi opposti: la Svizzera dal basso verso l'alto, l'Italia dal dall'alto verso il basso. Detto questo, è chiaro che un paese di 56 milioni di abitanti come l'Italia si governa in modo più efficiente se le decisione non sono tutte accentrate soltanto su Roma, ma se le diverse regioni hanno più poteri, più competenze, più possibilità di governare i loro territori e le loro comunità. Per questo è opportuno andare verso forme di Stato federale. In ogni caso un decentramento dei poteri, delle competenze e delle risorse su base regionale rende più efficiente il Governo perchè più vicino ai cittadini e avvicina il Governo ai cittadini.   

Qual è il maggior rimprovero che muove al Governo Berlusconi?
"Io credo che la vera sconfitta di Berlusconi è di non essere stato in grado di onorare la scommessa che aveva fatto nel 2001. Nel 2001 aveva promesso di far crescere l'Italia e di offrire a ogni cittadino più possibilità, più opportunità, più occasioni. Cinque anni dopo quella scommessa è stata persa. Proprio in questi giorni i dati sull'andamento dell'economia forniti dalla Banca d'Italia, parlano di un economia a crescita zero, di una disoccupazione che torna a salire dopo molti anni, di un indebitamento pubblico e di una crescita del deficit del  bilancio dello Stato, di un mercato del lavoro molto precarizato. Tutto questo è la sconfitta di Berlusconi. Oggi l'Italia, dopo cinque anni di Governo della destra, è un paese che guarda al suo futuro con maggiore preoccupazione. Una società più incerta e precaria".

Il Presidente del Consiglio Berlusconi ha detto ieri, durante il convegno di Confindustria, che gli industriali che sostengono il centrosinistra lo fanno perché hanno degli scheletri nell'armadio. Cosa risponde?
"Io penso che la sceneggiata di Berlusconi in Confindustria sia la manifestazione della disperazione di un uomo che sa che ormai le elezioni le ha perse. Non si vuole convincere di questo e se le prende con tutto e con tutti. Anziché chiedersi le ragioni del suo fallimento Berlusconi pensa di esorcizzare aggredendo tutto e tutti. È un metodo infantile che non gli risparmierà la sconfitta".

La strada così detta riformista che il suo partito ha scelto di intraprende talvolta non si è sbilanciata troppo a destra?  
"Io credo di no. Abbiamo dovuto attraversare anni difficili. Anni nei quali nel mondo si sono manifestati fenomeni nuovi, complessi e spesso imprevedibili. Penso alla sfida nuova che tutte le democrazie e il mondo intero hanno dovuto in questi anni affrontare per combattere il terrorismo. Penso alla globalizzazione economica e alla difficoltà di fare in modo che questa globalizzazione sia anche giusta. Penso a come l'apertura dei mercati ha sottoposto le economie di ogni singolo paese a nuove sfide in termini di competitività e concorrenza. Sono tutte sfide nuove che hanno sottoposto ogni forza politica alla necessità di un aggiornamento delle proprie politiche, delle proprie idee e delle proprie azioni. Noi l'abbiamo fatto come sinistra, talora riuscendoci bene qualche altra volta magari meno bene".

La sinistra che si confronta, e si adatta, alla società che evolve insomma. Ma non si rischia, a furia di aggiornamenti, di smarrire i valori fondanti del progressismo?  
"Non c'è dubbio che dobbiamo fare i conti con un mondo che cambia molto più celermente di un tempo. Un mondo che è in continuo movimento e che richiede ogni giorno risposte adeguate a domande e sfide nuove. E la sinistra con questo mondo nuovo vuole fare i conti, e lo vuole fare naturalmente sulla base dei suoi valori che sono l'uguaglianza, la giustizia sociale, la libertà, la democrazia, il progresso, la solidarietà, il rispetto della dignità delle persone. Noi pensiamo che questi valori non siano meno importanti o meno attuali. I valori sono sempre quelli. Naturalmente rispetto a cinquant'anni fa cambiano i modi e le strategie con cui questi valori si realizzano, perché i modi e le strategie vanno riferite sempre all'evoluzione della società in cui si vive".

Le grandi formazioni di sinistra, a livello europeo e compreso quello svizzero, si chiamano tutte "partito socialista". Non ritiene che, se dovesse naufragare il progetto del Partito Democratico, anche i DS potrebbero allinearsi con la formula europea e inserire la parola "socialista" nella propria denominazione?
"Ma noi siamo la versione italiana della socialdemocrazia europea. Nel nostro simbolo c'è scritto "Democratici di sinistra, partito del socialismo europeo". Siamo parte dell'internazionale socialista, del partito socialista europeo, siamo membri del gruppo parlamentare socialista a Strasburgo. Noi siamo quindi impegnati a far vivere in Italia le idee del socialismo europeo. E siamo impegnati in Italia a far vivere queste idee dentro il grande progetto dell'Ulivo che punta ad unire le diverse esperienze riformiste in una grande nuova formazione politica democratica, progressista e riformista".

Socialista di fatto dunque...
"No, no, socialista di fatto ma anche di nome. Come le ho detto nel nostro simbolo c'è scritto che siamo un "partito socialista europeo". 

 
 

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