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BERNAAmministrazione federale, sempre meno ticinesi

01.12.04 - 16:39
Ti Press
Amministrazione federale, sempre meno ticinesi

BERNA - L'amministrazione federale si tedeschizza e i "latini" sono sempre più messi in disparte: lo afferma uno studio di Helvetia Latina, di cui dà notizia oggi il quotidiano "Le Temps". Tra gli alti funzionari della Confederazione si conta un solo ticinese: il vice cancelliere Achille Casanova.

Nell'amministrazione federale "si pensa e si scrive in tedesco", commenta la consigliera nazionale Chiara Simoneschi (PPD/TI). La posizione di francofoni e italofoni tra i quadri superiori si è indebolita. Nel 2000 i funzionari "latini" con compiti dirigenziali costituivano il 20% del totale, proporzione che è scesa nel giro di tre anni al 19%. Tra la popolazione svizzera, italofoni e francofoni rappresentano assieme il 25,3%.

La situazione varia a seconda dei dipartimenti e degli uffici. Solo la Cancelleria federale (33%) e il Dipartimento federale degli esteri (28%) vantano proporzioni di "latini" superiori alla media nazionale. Negli altri ministeri le percentuali sono molto più basse: fanalino di coda è il Dipartimento federale delle finanze con una quota del 15%. Taluni segretariati generali, afferma lo studio, sono al 100% tedescofoni.

Il consigliere nazionale vodese Claude Ruey (PLS), presidente di Helvetia Latina, non ha dubbi: "il rispetto delle minoranze tende a scomparire". I più svantaggiati sono gli italofoni: negli anni Ottanta cinque uffici federali erano diretti da ticinesi e oggi nemmeno uno. L'unico alto funzionario rimasto, aggiunge Chiara Simoneschi, è il vice cancelliere della Confederazione Achille Casanova, che raggiunto dall'ats non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

La vice direttrice dell'Ufficio federale del personale Mariette Bottinelli ammette che gli italofoni sono sottorappresentati nelle posizioni alte dell'amministrazione e preannunica una campagna di sensibilizzazione. Le statistiche relative al personale federale, afferma, sono comunque tutto sommato soddisfacenti.

La delegazione parlamentare ticinese, spiega Chiara Simoneschi, non risparmia sforzi per appoggiare le candidature di giovani universitari italofoni interessati ad occupare un posto nell'amministrazione. Ma pochi hanno successo, se non all'interno dei servizi di traduzione. "I giovani ticinesi non hanno nessuna chance, nemmeno se hanno svolto studi in francese e tedesco".

Il problema non è solo linguistico, precisa Claude Ruey. In gioco non vi è solo un idioma rispetto a un altro, ma un modo diverso di concepire la realtà. "Si tratta di un arricchimento e bisogna ricordare alla maggioranza tedescofona che pure lei ne approfitta".

"In sede di commissione - aggiunge il deputato vodese - mi batto affinché quando qualcuno si esprime in tedesco sia perlomeno disponibile la documentazione in francese". "Questa consuetudine si sta però perdendo". I parlamentari dell'Unione democratica di centro, gli fa eco Chiara Simoneschi, non capiscono una parola di francese. La soluzione? I deputati del Consiglio nazionale dovrebbero sottoporsi a un esame linguistico.

Secondo la parlamentare ticinese è più che mai urgente tornare ad affrontare la questione della legge sulle lingue, affossata dal Consiglio federale per mancanza di disponibilità finanziarie. Claude Ruey è della stessa opinione: "non è sulle diversità culturali che bisogna risparmiare". I tagli apportati ai conti della Confederazione hanno aggravato la situazione e anche i servizi di traduzione ne hanno risentito. Secondo Philippe Zahno, segretario di Helvetia Latina, bisognerebbe invece assumere un numero maggiore di traduttori dal francese o dall'italiano al tedesco per consentire ai "latini" di scrivere ed esprimersi nella loro lingua.

ATS
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