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AITIPresa di posizione sull' "Avamprogetto di legge sul freno alla spesa pubblica"

29.10.02 - 11:42
Presa di posizione sull' "Avamprogetto di legge sul freno alla spesa pubblica"

LUGANO - Con questa notra stampa l'Associazione Industrie ticinesi (AITI) da la sua risposta alla consultazione "che il DFE - presumiamo prima di sottoporre la questione al Consiglio di Stato - ha voluto proporre all'attenzione dei partiti, delle associazioni degli enti territoriali e a quelle economiche, sindacali e professionali".

"La questione di fondo - si legge nel comunicato dell'AITI - cui si riferisce il detto avamprogetto di legge, è quella della rigorosa gestione della finanza pubblica e, più in generale, della sua correlata azione di risanamento, da attuarsi allorquando i deficit di conto economico e/o di bilancio si trovino a produrre risultati di segno negativo.
Più o meno tutti i Paesi avanzati sono confrontati con il problema dei conti pubblici in disavanzo e, nel medio-lungo periodo, con quello ben più grave del conseguente indebitamento.
I conti statali chiudono sovente in rosso e troppo spesso l'attenzione viene incentrata principalmente, per non dire esclusivamente, su questo solo fatto.
Ben più pesante, ancorché di scarso interesse per gli amministratori pubblici e i cittadini, se si guarda alla sostanza del dibattito generato e ai risultati solitamente raggiunti, è il problema dell'indebitamento.
Il fardello degli interessi dovuti per onorare il debito pubblico si fa, infatti, nel caso di deficit di gestione più o meno regolari, sempre più pesante e incontrollabile.
Come nel caso di un'impresa privata che opera in uno qualunque dei settori economici, o di qualsiasi economia domestica, anche nello Stato vengono così sottratte - e in questo frangente all'intera collettività - importanti risorse che potrebbero essere invece utilizzate in modi più consoni e produttivi (per la socialità, per le infrastrutture, per l'economia, ecc.) e, questione spinosissima, ipotecando il futuro delle generazioni che seguiranno la nostra, visto che prima o poi quei debiti qualcuno dovrà pur saldarli".

"Sotto questo aspetto - si legge ancora nella nota stampa - gli Stati Uniti d'America e l'Italia rappresentano probabilmente gli esempi peggiori da elevare a modello.
In un momento in cui si discute molto degli effetti deleteri provocati dallo scoppio delle bolle speculative delle Borse mondiali, che sono seguite all'esagerata sopravvalutazione di numerosi patrimoni aziendali di società quotate in Borsa, è fin troppo evidente il parallelismo che potrebbe essere facilmente tracciato nei confronti di quegli Stati e di quei sistemi-Paese che, sulla base della scarsissima consistenza della loro sostanza patrimoniale, dell'imperizia nel gestire il loro conto economico e, soprattutto, del pazzesco grado di indebitamento, fanno correre pericoli altissimi ai propri cittadini e alle loro varie forme di economia.
Fra i numerosi elementi che contribuiscono, in effetti, a definire le condizioni generali di contesto all'interno delle quali si sviluppano armoniosamente l'economia e la convivenza civile, la corretta e rigorosa gestione della finanza pubblica è certamente uno dei principali e di più alta valenza.
Le finanze pubbliche sane sono una condizione-quadro indispensabile per assicurare un ambiente rassicurante, capace di generare fiducia all'interno delle imprese e spingerle a svilupparsi con progetti di buona credibilità e in grado di consolidarsi in termini continuativi.
Sotto questo aspetto, l'AITI ha espresso la propria opinione già in numerosissime occasioni passate.
Il dibattito interno all'AITI sull'importanza da attribuire ai fattori di rischio insiti in una finanza pubblica non sana, è sfociato in molte prese di posizione pubbliche e in altrettanto frequenti occasioni di pubblico incontro con colleghi di altri Paesi (vedi p.es. i Presidenti italiani di Confindustria, Luigi Abete nel 1993 e Giorgio Fossa nel 1997 ), con Consiglieri federali (vedi, per tutti, l'on. Kaspar Villiger nel 1998) e con intellettuali e/o commentatori della componente economica della nostra società.
Anche nelle occasioni passate, come in questa, l'AITI non ha mai mancato di sottolineare che ogni "sistema di controllo della spesa" dovrebbe poter contare su una classe politica e dirigente consapevole dell'importanza di una finanza pubblica sana, condotta secondo criteri rigorosi e orientati al pareggio.
Al di là delle diverse sfumature legate ai settori e ai campi di applicazione verso i quali dovrebbe essere principalmente orientata la spesa pubblica e alle diverse interpretazioni che i vari indirizzi politico-ideologici devono legittimamente poter proporre in modo diversificato e alternativo, gli industriali appartenenti all'AITI sono dell'opinione che dovrebbe poter essere evidente a tutti che l'interesse comune - superiore a qualunque altro di parte - sul quale si dovrebbe unanimemente poter concordare, nei fatti e nelle parole, è quello di un conto economico e di un bilancio ben calibrati fra loro.
E' un lapalissiano interesse comune - di sinistra e di destra, di statalisti e di non statalisti, di moderati e di radicali, di progressisti e di conservatori, ecc. - quello di poter prendere decisioni in materia finanziaria senza l'assillo di dover correre ai ripari con l'opacità di una visione economica, sociale e politica, offuscata da un pressante bisogno soprattutto "contabile" di risanamento finanziario e non già prevalentemente "politico", come potrebbe e dovrebbe invece essere".

"La nostra associazione - riporta il comunicato - dopo aver sviluppato sul tema una approfondita discussione in seno ai suoi diversi organi direttivi, non si dichiara in linea di principio contraria a qualche meccanismo che possa contribuire a limitare la spesa pubblica. Soprattutto in momenti di reale difficoltà - politica ed economica - a realizzare seri interventi di risanamento.
E' il timore di una eccessiva rigidità del meccanismo per raggiungere lo scopo del pareggio potenziale fra costi e ricavi, a essere piuttosto seriamente messo in discussione.
E' innegabile, infatti, che se da un lato è giusto e  responsabile farsi carico, anche sotto l'aspetto tecnico, delle preoccupazioni che nascono nei momenti in cui i costi sfuggono al controllo, è dall'altro lato da rifiutare ogni ipotesi che faccia dipendere, più da aspetti tecnici che politici, l'azione (anche finanziaria) di uno Stato moderno.
E' facilmente e rapidamente intuibile, infatti, l'impossibilità che la nostra società dell'ultimo secolo avrebbe senza dubbio avuto a svilupparsi come ha potuto, se fosse stata applicata già cento anni fa una regola tecnica particolarmente rigida, così come ci sembra, dalle primissime nostre valutazioni, quella proposta dall'avamprogetto di legge qui commentato.
Niente opposizione di principio, quindi, ma piuttosto una prudente riluttanza a voler considerare con favore ogni e qualsiasi formulazione tecnica, soprattutto nel caso in cui la rigidità sia una sua connotazione specifica.
E' sicuro che, una volta delineati gli orientamenti di base, sia da dedicare un curatissimo approfondimento alla parte più squisitamente tecnica e alla necessità di evitare quanto più possibile l'eccessiva rigidità di sistema.
E' probabile che, un meccanismo dalle buone potenzialità sia da ricercare fra gli spazi utili che intercorrono fra quelli proposti nell'avamprogetto di legge e quelli insiti nella regola generale stabilita dalla legge sulla gestione finanziaria dello Stato del 20.01.1986 che, all'art. 4, prevede già oggi che il conto di gestione corrente debba essere pareggiato a medio termine.
Una regola che, di per sé, potrebbe (e dovrebbe) già essere ampiamente sufficiente per mantenere la spesa corrente entro i limiti più convenienti per impedire un deficit di esercizio e un debito pubblico di dimensioni sproporzionate rispetto alle entrate.
L'AITI è quindi più che mai convinta che, potendo contare su quella generale consapevolezza di cui si diceva sopra, non occorra impegnarsi oltre misura nello stabilire regole matematiche (automatiche o meno) che scongiurino a priori (o quasi) il pericolo di un deficit nella finanza pubblica.
Queste regole non servono ai buoni amministratori, né in campo pubblico, né in quello privato. Ne minano, anzi, l'autonomia e ne sviliscono la capacità d'intervento più mirato.
Molto spesso, infatti - per non dire sempre - non è tanto il quantum dei costi da comprimere o dei ricavi da incrementare, quanto piuttosto la loro solidità di valori e la loro priorità, a contare in misura maggiore.
Altro discorso, tutt'altro discorso, va fatto allorquando quella consapevolezza - che l'AITI vede di principio come comune e utile a tutti - di curare con attenzione il pareggio dei conti, si dovesse fare pericolosamente latitante o inconcludente.
In quell'eventualità, purtroppo più che frequente, i pericoli sono altissimi. Per tutti: per l'economia, per i cittadini e, in ultima analisi, per la stessa amministrazione pubblica.
I tentativi di risanamento che ci si trova a dover attuare in quelle condizioni portano infatti spesso a risultati ben miseri: tagli improvvisati, senza un indirizzo preciso e, sopra ogni cosa, che non possono mai seriamente affrontare nel concreto il problema del disavanzo finanziario nella sua vera essenza. Un disavanzo che, senza la certezza di poter contare su forze sociali e politiche che sostengano all'unisono l'obiettivo condiviso del pareggio, non può che diventare strutturale.
Rimettersi agli interventi operati sotto la pressione dell'emergenza o alla buona volontà dei politici che - in situazione di emergenza, appunto - non possono che acuire le loro scontate diversità di visione economica e politica, si rivela spesso una pia illusione per non dire un alibi che consente a chi governa di non andare mai al cuore del problema".

Che fare in quel caso?

"Beh - rispodne l'AITI - in quel caso un sistema di freno della spesa, più o meno automatico, più o meno corredato da sanzioni, più o meno perfezionato dal lato tecnico, può e deve essere anzi seriamente preso in considerazione.
Si possono, infatti, affinare i metodi più consoni, ad esempio adottando la ripartizione funzionale delle spese (ad es. previdenza sociale, traffico, formazione , ecc.) e, conseguentemente, prescindendo dalla prassi consuetudinaria e/o dipartimentale consolidatasi col tempo.
Si possono stabilire, per il caso del Cantone Ticino, dei limiti più vincolanti per le principali voci di spesa (personale, contributi, beni e servizi) e meno per altre.
Ma questi sono dettagli che non intaccano la sostanza.
Restando alla cronaca finanziaria proposta di questi tempi dal Cantone Ticino e all'avamprogetto qui commentato, non può non rilevarsi, da parte dell'AITI, come le occasioni migliori siano state fatte probabilmente sfuggire in anni buoni ormai passati.
La corretta manovra finanziaria che, rimanendo agli anni più recenti, ha consentito ad esempio di riportare gradatamente il nostro piccolo sistema-Paese cantonale in un accresciuto campo di competitività economica e fiscale, migliorato di molto rispetto a quello da cui si proveniva, doveva (e poteva) essere accompagnata a una bilanciata politica di contenimento delle spese".

"La cronaca di questi giorni, settimane e mesi, in effetti, ci propone invece - conclude la nosta stampa - un quadro desolante dal quale l'osservatore - ispirato a quella rigorosa visione finanziaria di cui abbiamo detto - non può che concludere che, senza qualche automatismo del tipo di quello ipotizzato nel detto avamprogetto di legge, difficilmente, molto difficilmente, si potrà a breve-medio periodo assistere ad un consolidamento di un serio e duraturo riassetto della finanza cantonale.
Oltre al disavanzo annuale, anzi - e su questo ci siamo già espressi sopra - si potrebbe tristemente e rapidamente moltiplicare pericolosamente all'infinito il debito pubblico.
Le conseguenze ed i pericoli sarebbero quelli di cui abbiamo già detto.
Il vero dramma, l'unico punto veramente rilevante sostanzialmente in discussione, è comunque - sia in presenza che in assenza di un sistema tecnicamente in grado di "frenare" o "bloccare" le spese - quello legato alle distinte e singole fattispecie di spesa da frenare, da bloccare o, molto semplicemente, magari da tagliare.
Sia in un caso che nell'altro, sia che si disponga di una tecnica di contenimento o no, saranno sempre l'amministratore e/o il politico che dovranno stabilire la logica con la quale si dovrà intervenire su una spesa piuttosto che su un'altra.
L'uno o l'altro automatismo di freno fra i tanti tra i quali scegliere, infatti, delimiterebbero principalmente la quantità di spesa, non già, fatto ben più importante dal lato pratico, il suo stesso merito.
E lì, tristemente, saremmo comunque - e nuovamente - di fronte alla vera e unica questione di fondo, ovvero: è l'amministratore (pubblico o privato) e solo lui che può e deve decidere della "qualità " della spesa e non solo della sua "quantità".
Il suo compito è anche quello di considerare con serietà i "tempi" del suo intervento, non solo i "modi", le "spese da preferire e quelle da ridurre (o annullare)", non solo il "coefficiente da applicare" in quel determinato periodo di tempo.
Se la sua consapevolezza in merito all'importanza del tema è un fatto assodato e, ancor più assodata, è la sua dimestichezza con i contenuti ed i tempi della sua continuativa manovra di bilanciatura calibrata dei costi, è probabile che l'allestimento di un'impalcatura tecnica in grado di assisterlo in caso di smarrimento sia inutile, se non addirittura dannosa per la sua selettiva e ragionata visione di spesa.
Se, al contrario, non si intraprendessero percorsi tesi ad avvalorare nel concreto una seria e rigorosa politica finanziaria statale, i postulati contenuti nell'"avamprogetto di legge sul freno alla spesa pubblica" sarebbero certamente da approfondire e il ricorso a loro si farebbe sicuramente urgente, per non dire indispensabile.
In quel caso l'AITI, oggi come sempre, è e sarà certamente a disposizione per dare, insieme alla sua base costituita da imprese impegnate con regolarità a "far quadrare i conti", il suo miglior contributo per la scelta del sistema tecnicamente più opportuno.
Non affrontiamo in questa fase - fatto salvo il riferimento alla temuta eccessiva rigidità di sistema - gli aspetti tecnici più minuti di cui l'avamprogetto è ampiamente costituito o la definizione della miglior regola tecnica eventualmente da adottare".

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