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Ticino"Insomnia": Duello d’anime in piena luce

09.08.02 - 09:19
Aspetti filosofici nel thriller « Insomnia » con un grande Al Pacino
"Insomnia": Duello d’anime in piena luce
Aspetti filosofici nel thriller « Insomnia » con un grande Al Pacino
Marisa Marzelli

I eri sera si è visto il primo degli attesi grandi titoli americani in Piazza Grande. E Insomnia non ha deluso. Confezionato virtuosisticamente bene, il film dell’enfant prodige inglese Nolan conferma che quando ci sono i soldi e la supervisione di Hollywood ( produttori esecutivi George Clooney e Steven Soderbergh) anche i registi più inventivi devono mettersi in riga, con un minore margine di manovra creativo a disposizione. Ma se sono davvero bravi, come sembra il caso dell’autore di Memento, il talento si fa più acuto proprio a causa delle restrizioni. Che devono tener conto stavolta anche di due attori non certo docili strumenti: un Al Pacino in gran forma, macerato, intenso, convincente e un Robin Williams insolitamente contenuto, nelle vesti della mediocrità del Male. Remake di un poco noto film scandinavo del 1997 Insomnia si ritaglia, all’interno del genere thriller, un surplus di significato che deriva da una riflessione intellettuale e morale sul peso del senso di colpa nelle nostre azioni e dall’inestricabile connessione tra Bene e Male, che a volte divergono negli scopi finali ma non nelle pure azioni. Noir filosofico che non per questo trascura l’azione, in Insomnia nessuna componente è superflua, a cominciare dall’ambientazione. Perché quando un famoso poliziotto ( Al Pacino) abituato a lavorare nella calda Los Angeles deve risolvere un caso di omicidio nella glaciale Alaska già è uscito dal suo ambiente, quello che conosce tanto bene da aver inquinato delle prove per essere sicuro che un delinquente non la faccia franca. Ma su al Nord tutto è diverso, a cominciare dall’estate artica, quando di notte c’è luce. L’impossibilità di godere di qualche ora di buio ( anche metaforico) rende insonne il detective, che si è infilato in un brutto guaio. Il suo partner intende denunciarlo per quelle prove inquinate, il che infirmerebbe altre sue brillanti operazioni e gli rovinerebbe la fama di investigatore senza macchia. Il delitto da risolvere è il brutale assassino di una ragazza, una sorta di lynciana Laura Palmer che scoperchierà l’abisso del Male, rappresentato da un mediocre scrittore locale ( Robin Williams). Succede che inseguendo nella nebbia il presunto assassino, Al Pacino spara, per sbaglio, al suo collega. Ma ecco la biblica tentazione del demonio: è stato un errore, di cui viene incolpato l’assassino in fuga. Perché non approfittarne? Al Pacino tace la verità e si apre la strada verso la dannazione. La concezione morale alla fine vince, con un piccolo margine di indeterminatezza, perché la mente dell’uomo ( e della donna) è imprevedibile. Ma non prima che Nolan abbia mostrato sequenze memorabili e leggibili a più livelli, come quella in cui Al Pacino, inseguendo il killer sul tronchi d’acqua che galleggiano finisce sott’acqua e non riesce a riemergere.

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