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SVIZZERAAccordo quadro: «I salari non si toccano»

15.06.18 - 15:55
Reazioni all'unisono dai sindacati dopo le recenti dichiarazioni di Ignazio Cassis
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Accordo quadro: «I salari non si toccano»
Reazioni all'unisono dai sindacati dopo le recenti dichiarazioni di Ignazio Cassis

BERNA - Se la Svizzera, in vista di un accordo quadro con l'Ue, dovesse mollare in materia di protezione salariale e misure di accompagnamento, i sindacati promettono il referendum. Le organizzazioni dei lavoratori hanno reagito oggi all'unisono alle recenti dichiarazioni del consigliere federale Ignazio Cassis.

Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) mercoledì, ai microfoni della radio svizzerotedesca SRF, aveva indicato che sia la Svizzera sia l'Unione europea (Ue) devono trovare vie creative per progredire nei negoziati su un accordo quadro istituzionale. Da parte elvetica, ha lasciato intendere di essere disposto a concessioni nelle misure di accompagnamento, come un allentamento dell'obbligo per i prestatori di servizi esteri di inoltrare la notifica almeno otto giorni prima di iniziare il lavoro nella Confederazione.

In una conferenza stampa comune oggi a Berna, l'Unione sindacale svizzera (USS), la centrale sindacale Travail.Suisse e i sindacati interpofessionali Unia e Syna hanno manifestato la loro perdita di fiducia nei confronti del consigliere federale liberale radicale. Unanimi, i sindacati hanno ribadito che la regola degli otto giorni è un pilastro per il controllo dell'attuazione delle misure di accompagnamento.

"Non c'è alcuna ragione per mollare di fronte all'Ue proprio sui termini di notifica", ha detto Paul Rechsteiner. Cassis ha "perso la testa" e mette in gioco tutti gli accordi bilaterali, ha aggiunto il presidente dell'USS e consigliere agli Stati (PS/SG). Il ministro degli esteri ha segnalato alla controparte la disponibilità a cedere in materia di protezione dei salari elvetici. "Il treno dei negoziati in vista di un accordo quadro istituzionale ha deragliato".

Grazie agli otto giorni, "le istanze di controllo dispongono di tempo sufficiente per l'analisi dei rischi", ha dal canto suo spiegato Hans Maissen, vicepresidente di Syna. A suo avviso questo termine è essenziale, in particolare per lavori in Svizzera della durata di uno a tre giorni. Ha citato, quale esempio, il caso di un falegname austriaco che fabbrichi e consegni una cucina per un committente svizzero.

"Con un termine di notifica più breve, lavori di corta durata - se ne contano migliaia nelle regioni di confine - i controlli non sarebbero più possibili e ciò comporterebbe grandi irregolarità nelle condizioni di lavoro e dumping salariale".

La presidente di Unia Vania Alleva ha ricordato che il Canton Berna riceve 20'000 notifiche all'anno, pari a 400-600 alla settimana. Ha sottolineato che già il termine attuale di otto giorni è molto breve per effettuare i controlli.

"Mettere in discussione questo termine significa non avere idea alcuna della pratica sul terreno", ha aggiunto. Per la sindacalista gli otto giorni sono essenziali "per la protezione dei salari in Svizzera".

Le dichiarazioni alla SRF avevano subito suscitato vive reazioni: Cassis mette a repentaglio la via bilaterale, annunciando che è pronto a rimettere in questione le misure di accompagnamento. Senza queste ultime la popolazione non accetterà di proseguire con gli accordi bilaterali, affermava ad esempio il PS in un comunicato.

In seguito alle prime virulente reazioni, il DFAE aveva preso posizione il giorno stesso. "Le affermazioni di Cassis non mettono in discussione in nessun modo la sua posizione, che è quella del Consiglio federale, rispetto alla necessità di proteggere i lavoratori, in particolare i distaccati, viste le specificità del mercato del lavoro svizzero", recitava un comunicato. Questo significa che la linea rossa tracciata dal Consiglio federale rimane valida, precisava il dipartimento.

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