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BERNAConsiglio federale a nove teste? No grazie

20.04.16 - 12:15
Il governo è contrario alla proposta della Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale
Consiglio federale a nove teste? No grazie
Il governo è contrario alla proposta della Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale

BERNA - Il governo è contrario all'aumento dei membri del Consiglio federale da sette a nove, come proposto dalla Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale (CIP-N). L'esecutivo non si oppone invece all'adeguamento della disposizione costituzionale che chiede una rappresentanza equa delle regioni linguistiche. La Camera del popolo dovrebbe pronunciarsi durante la sessione estiva.

La CIP-N, con una maggioranza di 17 contro 7, aveva posto in consultazione nel marzo 2015 una modifica dell'articolo 175 della Costituzione federale. Quest'ultimo, secondo il progetto, al primo capoverso recita "Il Consiglio federale è composto di nove membri" e al quarto "Le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese sono equamente rappresentate", e non più come ora "devono essere rappresentate".

La Commissione, argomentando a favore della modifica, faceva riferimento anche alla minoranza italofona, assente dal governo dal 1999, dopo la partenza del ticinese Flavio Cotti: "si pensi in particolare alla Svizzera di lingua italiana, che nell'attuale costellazione politica e partitica non ha quasi nessuna possibilità di essere rappresentata in un Consiglio federale di sette membri".

Secondo la CIP-N, un Consiglio federale a nove membri avrebbe anche permesso una migliore ripartizione del carico di lavoro del Governo, che è considerevolmente aumentato rispetto al 1848.

Oggi l'esecutivo ha ribadito la sua opposizione all'aumento da 7 a 9 dei suoi membri per motivi strutturali: "ne risulterebbe infatti un maggiore onere amministrativo in seguito alla creazione di nuovi dipartimenti e al conseguente aumento del bisogno di coordinamento".

Il Consiglio federale non è per contro contrario al proposto adeguamento dell'articolo 175, capoverso 4 della Costituzione federale, affinché "venga garantita un'equa rappresentanza delle componenti linguistiche del Paese".

Pareri critici durante la procedura di consultazione - Durante la procedura di consultazione il progetto era stato notevolmente criticato: ben 30 prese di posizione su 45 erano sfociate in un parere negativo. Soltanto cinque cantoni (Lucerna, Friburgo, Ticino, Vaud e Giura) l'avevano accolto positivamente. Per quanto riguarda i partiti, tra i favorevoli figuravano socialisti e Verdi, assieme ai borghesi-democratici.

Si erano invece dichiarati scettici UDC, PPD, PLR e Verdi liberali, ponendo l'accento sui costi annui supplementari (per i due nuovi dipartimenti) stimati in 34-39 milioni di franchi.

La stessa CIP-N, lo scorso 5 febbraio, aveva approvato il progetto con un solo voto di scarto (11 a 10 e 3 astenuti). La commissione non intendeva però darsi per vinta in partenza: più della metà dei pareri negativi provenivano da governi cantonali, che temevano "una diminuzione dell'influenza dei singoli membri del Consiglio federale".

Per la maggioranza commissionale, la riforma è fattibile "senza eccessivi oneri di coordinamento e senza burocratizzazione. Una minoranza invece, condivide l'opinione espressa da numerosi partecipanti alla consultazione secondo cui la scelta di rappresentanti di diverse regioni e componenti linguistiche dipende dalla volontà politica e dalla qualità delle persone a disposizione e non può essere imposta con una riforma strutturale.

Viste le resistenze, ribadite oggi dal Consiglio federale, anche i fautori del progetto non si fanno eccessive illusioni. Nel dicembre scorso, nel corso del tradizionale incontro con i media durante le sessioni, anche la deputazione ticinese alle Camere federali aveva giudicato poco probabile un esito positivo in Parlamento.

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