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LUCERNASuicidio a Malters per difendere il figlio, capi della polizia alla sbarra

23.08.18 - 09:45
Il Tribunale cantonale dovrà stabilire se abbiano agito con proporzionalità
Suicidio a Malters per difendere il figlio, capi della polizia alla sbarra
Il Tribunale cantonale dovrà stabilire se abbiano agito con proporzionalità

LUCERNA - I due capi della polizia lucernese dovranno oggi rispondere davanti al Tribunale cantonale per il caso della donna di Malters (LU), che il 9 marzo 2016 si suicidò in casa, dove si era asserragliata per impedire agli agenti di trovare la piantagione di canapa del figlio.

Si tratta di stabilire se nel corso dell'intervento il comandante della polizia cantonale Adi Achermann e il capo della polizia giudiziaria Daniel Bussmann abbiano agito con proporzionalità.

Prima assoluzione - Nel giugno 2017 il Tribunale distrettuale di Kriens (LU) aveva prosciolto i due capi di polizia dall'imputazione di omicidio colposo. Secondo la corte, l'intervento da loro deciso è stato adeguato alla situazione. Il figlio della donna ha però deciso di fare appello contro la sentenza di assoluzione. Quest'ultimo - arrestato in precedenza e posto in detenzione preventiva in relazione a diverse piantagioni indoor nei cantoni di Zurigo, Lucerna e Argovia - aveva presentato una denuncia penale per omicidio colposo e abuso di autorità.

I fatti - I fatti risalgono all'8 e 9 marzo 2016. Una 65enne di nazionalità svizzera si era barricata in casa a Malters, una decina di chilometri a ovest di Lucerna, per resistere a un'operazione di polizia e impedire agli agenti di scoprire la piantagione di cannabis del figlio. La donna aveva minacciato gli agenti con una pistola e aveva anche sparato due colpi. Dopo un assedio durato 19 ore, gli uomini dell'unità speciale "Luchs" (Lince) delle forze dell'ordine erano penetrati nell'abitazione, trovando il cadavere della pensionata, suicidatasi nella stanza da bagno con un colpo alla testa, dopo aver sparato al suo gatto.

L'accusa - Secondo Oskar Gysler, legale del figlio della vittima, i due capi di polizia sapevano che l'intervento delle forze dell'ordine avrebbe comportato rischi considerevoli per la donna. Sussistevano inoltre varie alternative, da un proseguimento delle trattative da parte degli agenti al ricorso a una persona di fiducia che potesse mediare. Secondo l'avvocato non vi era fretta di agire, quindi l'operato della polizia non è stato proporzionale.

Il procuratore straordinario Christoph Rüedi - che aveva indagato sull'operazione di polizia e formulato le accuse - dopo aver analizzato la sentenza, aveva deciso di non impugnare il verdetto. Le motivazioni addotte dalla corte apparivano infatti plausibili.

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