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ZURIGO«Mio figlio è sulla buona strada per diventare il secondo caso di Carlos»

19.04.22 - 23:22
DB* è un ragazzo problematico. Dopo 15 ricoveri in psichiatria e diversi interventi di polizia la madre è disperata.
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«Mio figlio è sulla buona strada per diventare il secondo caso di Carlos»
DB* è un ragazzo problematico. Dopo 15 ricoveri in psichiatria e diversi interventi di polizia la madre è disperata.
Anche le Autorità sembrano non riuscire a gestire il ragazzo, sempre più fuori controllo. La donna intanto teme che la situazione possa precipitare: «Stanno aspettando che uccida qualcuno?»

ZURIGO - Alcuni giorni fa, EB* ha ricevuto l'ennesima brutta notizia: suo figlio D.* ha tentato di soffocare un coetaneo. «Non riesco nemmeno più a contare il numero di istituti dai quali è stato espulso - racconta la madre disperata a 20 Minuten -. Ora l'adolescente è tornato in un reparto psichiatrico, probabilmente è la 15esima volta che viene ricoverato. E la donna, tra conti da pagare, stress e quant'altro è arrivata al limite. «Nessuno sembra potermi aiutarmi. Non so più cosa fare», spiega.

Suo figlio oggi ha 14 anni, ma è un bambino problematico da sempre. «Da piccolo urlava tutta la notte. Il primo anno e mezzo non potevo lasciarlo un attimo senza che gli venissero le convulsioni. Ha rifiutato il latte materno e non è mai riuscito a guardare nessuno negli occhi».

Diagnosi: ADHD, Asperger e schizofrenia - La situazione è ben presto peggiorata. All'età di cinque anni una prima diagnosi: ADHD. Gli viene prescritto il Ritalin. «Ha solo peggiorato le cose. Normalmente questo farmaco funziona per sei o sette ore. Mio figlio stava calmo forse per un'ora, poi arrivava l'effetto rimbalzo e diventava ancora più agitato di prima», prosegue la donna.

Successivamente nel bambino vengono identificate patologie quali l'Asperger e la schizofrenia. «Innumerevoli medici hanno cercato di scoprire cos'è che non va in mio figlio. Ma nessuno è stato in grado di darmi una diagnosi precisa».

Dopo un periodo difficile all'asilo, D. inizia la scuola vera e propria. «Hanno davvero provato di tutto, hanno creato anche un angolo separato solo per lui, in modo che fosse protetto da una tenda». Ma sono comunque arrivati i primi incidenti. «In uno di questi episodi si è chiuso in bagno e ha minacciato di tagliarsi l'arteria con un paio di forbici. Un'altra volta la classe era in gita e mio figlio è salito sulla ringhiera di un ponte e stava per saltare sui binari del treno».

La violenza diventa un problema - D. finisce nella clinica psichiatrica universitaria di Zurigo. Non frequenta una lezione regolarmente dalla seconda elementare. Passa da ambulatori ad istituti, fino a famiglie affidatarie. Non riesce a stare tranquillo in nessuno di questi posti senza finire in un reparto psichiatrico. «I medici sostengono che, con i farmaci giusti, mio figlio non sarebbe dovuto rimanere chiuso per sempre in un reparto psichiatrico». Ma non appena torna nel mondo reale, le cose precipitano.

Il ragazzino inizia ad avere anche problemi con la polizia: ruba un'auto, viene coinvolto in risse, minaccia gli altri o minaccia di farsi del male. Più e più volte viene assalito da gravi attacchi di ansia. «All'età di otto o nove anni improvvisamente non mi riconosce più. Inizia a dire di volermi fare del male e cerca di ferirmi con un coltello. Solo con difficoltà riesco a calmarlo», prosegue.

Da allora, la donna vive tra la paura per la sua stessa vita e la preoccupazione. Come se non bastasse il ragazzino cresce robusto. «A 14 anni era già 1,85 metri, mentre io sono piccolina. Inizia a picchiarmi e io ad avere paura di lui».

La donna non sa più come comportarsi. «Non posso più prendermi cura di mio figlio. Per questo ho chiesto aiuto alle Autorità di protezione dei minori e degli adulti. Ora stanno cercando di capire dove sistemarlo. Molte cliniche non lo accolgono nemmeno più perché non sanno come aiutarlo, ma io non posso rinunciare alla mia vita perché il sistema non sa cosa fare con mio figlio. Ho bisogno di aiuto».

La madre non incolpa le Autorità, ma riecheggia nella sua mente una frase che le è stata detta dopo uno dei tanti incontri organizzati per trovare una soluzione: «Mi dispiace dirlo, ma suo figlio è sulla buona strada per diventare il secondo caso Carlos». Un presagio che sembra quasi una sentenza.

«Aspettiamo che uccida qualcuno?» - E. continua ad attendere. Ancora con fiducia, ma ha un presentimento: «Non biasimo nessuno e so che come madre sono la prima responsabile per mio figlio. Ma ho fatto ciò che potevo. Mi chiedo cos'altro debba succedere. Le autorità stanno aspettando che compia finalmente 16 anni e venga mandato in prigione? O che uccida qualcuno?».

Per la donna la soluzione ottimale sarebbe che suo il ragazzo fosse accudito e sorvegliato 24 ore al giorno. «Tuttavia, ha bisogno di un'occupazione, di un lavoro e di contatti sociali. Sarebbero necessarie anche adeguate cure psichiatriche, con i farmaci giusti. Sono convinta che nel giusto contesto possa vivere una vita serena e appagante. Purtroppo non l'abbiamo ancora trovato».

*Nomi noti alla redazione.

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