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BERNAPresunto omicida rimane in cella

08.04.22 - 12:03
Respinto il ricorso dell'uomo, che chiedeva di essere rimesso in libertà.
Tipress (simbolica)
Fonte Ats
Presunto omicida rimane in cella
Respinto il ricorso dell'uomo, che chiedeva di essere rimesso in libertà.
Il detenuto è sospettato di aver partecipato a una rapina in una casa nel corso della quale un 22enne era stato ucciso.

BIENNE - Il Tribunale federale (TF) ha respinto il ricorso di un uomo in detenzione preventiva dal gennaio 2021, che chiedeva di essere rimesso in libertà. Il Ministero pubblico bernese lo sospetta di essere coinvolto in una rapina a Bienne (BE) del giugno 1999, nel corso della quale un giovane era stato ucciso.

In una sentenza pubblicata oggi, il TF constata che forti sospetti pesano sul presunto omicida, originario della Macedonia del Nord. Visto che l'inchiesta penale volge al termine e il processo dovrebbe tenersi prossimamente, la detenzione preventiva dell'uomo è giustificata, secondo i giudici losannesi.

Stando al diritto penale svizzero, la prescrizione per un omicidio è di 30 anni. Sebbene la tesi iniziale di un'esecuzione deliberata della vittima sembra sia stata abbandonata, ci sono sufficienti indizi di un omicidio per dolo eventuale e di un comportamento senza scrupoli. Si tratta quindi di prerequisiti per accettare la tesi dell'omicidio.

Legati e imbavagliati - Come si può leggere nella sentenza della prima Corte di diritto pubblico del TF, il ricorrente avrebbe partecipato con altre persone a una rapina con conseguente omicidio al domicilio di una famiglia jenisch a Bienne nel giugno del 1999. I genitori e i loro figlio minore erano stati legati e imbavagliati da uomini armati.

Quando i due figli maggiori erano rientrati a casa, uno degli aggressori aveva sparato a più riprese attraverso una finestra. Uno dei figli, di 22 anni, era stato ferito mortalmente. Gli autori erano poi fuggiti a bordo di una VW con targhe solettesi. Dall'abitazione avevano sottratto un fucile mitragliatore e gioielli. La vicenda era rimasta a lungo irrisolta. Stando all'inchiesta in corso, il "raid" sarebbe legato a un traffico d'armi tra i due fratelli maggiori e militanti dell'UCK, l'esercito di liberazione del Kosovo. L'imputato, che era stato coinvolto in un altro caso all'estero, è stato identificato grazie al suo DNA.

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