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BERNAImprese responsabili: iniziativa «ad alto rischio»

26.10.20 - 14:50
È l'opinione espressa da un comitato contrario alla modifica costituzionale.
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Fonte ats
Imprese responsabili: iniziativa «ad alto rischio»
È l'opinione espressa da un comitato contrario alla modifica costituzionale.
Consiglio federale e parlamento raccomandano di respingere l'iniziativa poiché "estrema" e quindi esiziale per la piazza economica elvetica.

BERNA  - L'iniziativa "per imprese responsabili" al voto il prossimo 29 di novembre rappresenta un esperimento ad alto rischio che va assolutamente evitato. È l'opinione espressa oggi a Berna da un comitato contrario alla modifica costituzionale composto di circa 300 rappresentanti del mondo economico, dalle grandi imprese a quelle di piccole-medie dimensioni.

L'iniziativa popolare, depositata il 10 ottobre 2016 con 120'418 firme valide, chiede che le società che hanno la loro sede statutaria, l'amministrazione centrale o il centro d'attività principale in Svizzera debbano rispettare, sia nella Confederazione che all'estero, i diritti umani riconosciuti e le norme ambientali internazionali.

Secondo l'articolo costituzionale proposto, le aziende potranno inoltre essere chiamate a rispondere non soltanto dei propri atti, ma anche di quelli delle imprese che controllano economicamente ma senza parteciparvi sul piano operativo.

Benché giudicata lodevole nelle intenzioni, Consiglio federale e parlamento raccomandano di respingere l'iniziativa poiché "estrema" e quindi esiziale per la piazza economica elvetica, un'opinione condivisa dal comitato economico, secondo cui la Svizzera non può permettersi una simile modifica costituzionale nel bel mezzo di una pandemia.

Non abbiano nulla contro il nocciolo dell'iniziativa, ossia la difesa dell'ambiente e dei diritti umani, ha sostenuto il presidente di economiesuisse, Christoph Mäder, per videoconferenza, «ma già oggi in caso di problemi si cercano soluzioni con gli Stati e i partner locali». La maggior parte delle imprese, peraltro, si «comporta in maniera sostenibile e onesta, rispettando le leggi locali», ha affermato il presidente dell'associazione a cui fanno tra l'altro capo le multinazionali.

Secondo il comitato, ad essere interessati dall'iniziativa non sarebbero solo queste ultime, ma anche tutte le piccole e medie imprese (PMI). Un obbligo esteso di diligenza provocherebbe un enorme ampliamento della burocrazia con maggiori costi per le aziende, «ciò che dobbiamo evitare in un frangente come questo, caratterizzato da molta insicurezza», ha spiegato dal canto suo la consigliera nazionale Simone de Montmollin (PLR/GE), presidente dell'Unione svizzera degli enologi.

L'iniziativa va inoltre troppo lontano poiché le società con sede in Svizzera sarebbero responsabili anche per quanto fanno i partner commerciali all'estero. Il rovesciamento dell'onere della prova potrebbe poi dare il "la" a un profluvio di denunce meramente ricattatorie, ha aggiunto il presidente di Swissmem (industriameccanica, elettrotecnica e metallurgica), Hans Hess, «ciò che paralizzerebbe molte aziende, rovinando la loro reputazione».

I contrari hanno inoltre criticato il carattere, a loro parere "colonialista, dell'iniziativa. In caso di "sì" alle urne, tribunali svizzeri dovrebbero decidere su questioni accadute all'estero sulla base del diritto elvetico. «Perché dovremmo appesantire il lavoro dei tribunali svizzeri con casi accaduti in ogni angolo del pianeta», si è chiesto il presidente del consiglio di amministrazione del gigante del cemento LafargeHolcim.

Il comitato economico non è contrario al fatto che le società rispettino anche all'estero i diritti umani e l'ambiente, ma la proposta di modifica costituzionale è sbagliata e controproducente, sostengono. Le aziende estere, non toccate dall'iniziativa, godrebbero nei confronti delle imprese elvetiche di un vantaggio concorrenziale. Per questo motivo, al posto dell'iniziativa è da preferirsi il controprogetto indiretto del parlamento che entrerebbe subito in vigore in caso di "no" alle urne.

Il controprogetto, che non prevede alcuna responsabilità per le filiali estere, invita invece le multinazionali a riferire ogni anno sulla rispettiva politica in materia di diritti umani. Contempla anche doveri di "diligenza" in materia di lavoro minorile ed estrazione di materie prime.

Non tutto il mondo economico è contrario all'iniziativa: accanto al comitato dei contrari presentatosi oggi, ne esiste anche uno a favore del testo.

Il primo sondaggio realizzato dalla SSR tra il 5 e il 19 ottobre 2020 interrogando 15'267 persone dà l'iniziativa in vantaggio. L'iniziativa verrebbe accolta dal 63% degli intervistati, che si sono detti "molto a favore" o "piuttosto a favore". Dall'inchiesta emerge che il 33% avrebbe votato "contro" o "piuttosto contro". Il 68% ha già preso una decisione definitiva e non cambierà opinione.

Il testo crea una forte polarizzazione tra i campi politici: i sostenitori dell'UDC e del PLR sono contrari (rispettivamente con una quota del 58% e del 66%), mentre quelli di tutti gli altri partiti sostengono l'iniziativa: più combattuta tra i simpatizzanti del PPD (verrebbe approvata con il 56%), l'iniziativa trova maggiori consensi tra i Verdi liberali (78%) e in particolare tra PS (93%) e Verdi (95%).

A livello regionale, la Svizzera italiana (67%) è orientata in larga misura verso il "sì", così come la Romandia (70%). Meno convinti, ma comunque favorevoli, gli svizzero-tedeschi (61%).
 

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