Cerca e trova immobili

CITTÀ DEL VATICANOVent'anni al servizio del Papa nel periodo dell'attentato

26.10.20 - 06:00
Vent'anni a proteggere il Santo Padre nel periodo più tragico della Chiesa. Ritratto di una professione fuori dal comune
Foto: Keystone/MORET
Vent'anni al servizio del Papa nel periodo dell'attentato
Vent'anni a proteggere il Santo Padre nel periodo più tragico della Chiesa. Ritratto di una professione fuori dal comune

CITTÀ DEL VATICANO - Bernard Roger Moret, giurassiano di origine, ha prestato servizio nel corpo delle Guardie Pontificie dal 1979 al 1999. Ha accompagnato e protetto Papa Giovanni Paolo II nel corso di un ventennio denso di avvenimenti, dall’attentato del 1981, alle visite di Michael Jackson e Lady Diana.

Cosa porta un ventenne svizzero ad arruolarsi nelle guardie pontificie?
«Un insieme di fattori: venire a Roma mi ha permesso di imparare l’italiano e di vivere la città e la sua cultura in modo approfondito, diverso da una semplice vacanza. Naturalmente ha influito anche la fede».

Come ha inizio la carriera da guardia?
«Inizialmente si firma per due anni. Poi tutto può succedere. Fortunatamente io dopo soli due anni sono stato nominato sottoufficiale. Mi hanno chiamato in ufficio per propormelo e alla mia richiesta di riflettere sulla prestigiosa carica mi è stato risposto: “Certo, può uscire cinque minuti e decidere”...».

Così ha fatto avanzamento.
«Una volta che sei sottoufficiale ti trovi faccia a faccia con il Papa. È capitato che dovessi scortare diverse personalità: ho avuto l’onore di accompagnare Michael Jackson, la regina d’Inghilterra, Lady Diana, Fidel Castro e molti altri. Ho studiato storia dell’arte e spesso mi sono trovato a fare da guida agli ospiti del Palazzo Apostolico. Ricordo di aver illustrato la Cappella Sistina davanti a un gruppo di premi Nobel, tra cui Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini».

Si tratta però di una carriera particolare…
«È una vita di caserma, la disciplina è molto dura e le uscite libere sono limitate. I turni di lavoro sono spesso estenuanti e alquanto imprevedibili. Senza contare l’aspetto sociale. Non è un lavoro da tutti, e nostro malgrado ci troviamo a essere personaggi in certa misura pubblici. Se una guardia pontificia commette un errore finisce sulla stampa nazionale».

Lei ha vissuto l’attentato del 13 maggio 1981. Come lo ricorda?
«Sebbene non mi trovassi in Piazza San Pietro ma su un lato del colonnato, è stato un enorme shock, nessuno si aspettava che avrebbero sparato al Santo Padre. È stata una situazione talmente assurda, nessuno ha capito subito cosa stesse succedendo. Quando il Papa si è accasciato, il nostro capo Alois Estermann è salito sull’auto e ha fatto scudo con il suo corpo».

Come è stato possibile che qualcuno entrasse in piazza armato?
«Allora il sistema di protezione era praticamente nullo. Le guardie non erano né protette né tantomeno armate, inoltre non c’erano le transenne e i controlli agli accessi. Anche il protocollo di protezione era del tutto inefficace: le guardie monitoravano il pubblico fino all’arrivo del Pontefice, quando era imperativo girarsi verso di lui per non dargli le spalle. È un’assurdità: tutti i protocolli di protezione indicano di non guardare la persona che si protegge, ma il pubblico che la circonda».

Come ha influito l’attentato sulle norme di protezione?
«Oggi è molto più difficile arrivare in Piazza San Pietro con un oggetto pericoloso, e inoltre è stato modificato il protocollo. Adesso le guardie continuano a osservare il pubblico, non si devono girare in favore del Papa, e hanno rinforzato l’addestramento delle reclute e rivisto i protocolli di intervento, per tenersi pronti a qualsiasi avvenimento».

L'identikit della perfetta Guardia pontificia
Essere un cittadino svizzero maschio, cattolico praticante, che ha assolto la scuola reclute dell’esercito svizzero non sono condizioni sufficienti per potersi arruolare come Guardia Pontificia. I requisiti per entrare nel secolare corpo di protezione (istituito nel 1506) sono infatti molto più rigorosi: l’età del candidato deve essere compresa tra i 19 e i 30 anni, l’altezza deve essere superiore ai 174 cm, e la sua formazione scolastica deve includere una maturità o un attestato AFC. Inoltre, è indispensabile godere di buona salute fisica e di una reputazione irreprensibile. Infine, la recluta deve essere disposta a prestare servizio per almeno 26 mesi e deve essere celibe al momento del suo ingresso nel corpo: una guardia può sposarsi solamente una volta compiuti i 25 anni e dopo aver prestato servizio per almeno cinque anni, impegnandosi a servire il Pontefice per almeno altri tre.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE