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ZURIGOTerapia intensiva: più letti che personale

18.10.20 - 08:15
L'avvertimento del medico: «Non fatevi prendere dal panico, ma la situazione è seria».
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Terapia intensiva: più letti che personale
L'avvertimento del medico: «Non fatevi prendere dal panico, ma la situazione è seria».
I casi aumentano in fretta. E potrebbero esserci più posti letto che infermieri pronti ad accogliere i malati. Nono solo Covid positivi.

ZURIGO - La Svizzera fino ad ora se l'è cavata con un occhio nero. Ma le cose potrebbero cambiare in fretta: il numero di coloro che sono stati recentemente infettati dal coronavirus sta aumentando rapidamente, così come il numero di quelli che devono essere ricoverati in ospedale. Le misure per contenere il virus, d'altro canto, vengono prese con esitazione dai Cantoni.

Uno sguardo al Canton Svitto mostra quali conseguenze possono verificarsi. L'ospedale si trova già di fronte a «uno dei peggiori focolai in Europa», tanto che la popolazione è invitata a indossare le mascherine ed evitare affollamenti. In caso contrario, il trattamento dei pazienti potrebbe non essere più garantito.

Il timore è generalizzato. «Siamo sopravvissuti alla prima ondata solo perché tutte le operazioni programmate sono state posticipate e abbiamo aumentato il numero di letti di terapia intensiva», spiega Peter Steiger, vicedirettore dell'Istituto di medicina di terapia intensiva presso l'Ospedale universitario di Zurigo.

Come annunciato dalla Società Svizzera di Terapia Intensiva (SSMI) a luglio, in primavera sono stati occupati fino al 98% dei posti letto normalmente disponibili. Il 50 percento di questi era attribuibile ai pazienti positivi al Covid-19. Insomma, anche gli ospedali svizzeri hanno mancato di poco il sovraffollamento con conseguenze, forse, catastrofiche.

La soluzione "primaverile" non è più possibile - Se supereremo allo stesso modo anche la seconda ondata non è dato saperlo. «Non possiamo prevedere come si svilupperà la pandemia», spiega Steiger. Quello che è certo, però, è che questa volta gli interventi non urgenti non verranno rimandati. Secondo il medico, nel peggiore dei casi questo può portare a delle criticità. Perché con 72 letti di terapia intensiva disponibili, c'è personale disponibile a coprirne solo 64.

Per compensare la carenza, «durante la fase acuta abbiamo aumentato il personale di terapia intensiva prendendolo da altri reparti», prosegue.

Insomma, una squadra era composta da uno specialista in terapia intensiva e due infermieri di altre aree e forse uno studente di medicina. «Non una situazione ideale». Tanto più che la maggior parte della responsabilità ricadeva sugli infermieri esperti. Una squadra questa, inoltre, resa possibile solo in quanto «le operazioni non urgenti erano state sospese».

Sono previste carenze di personale - E siccome ciò non sarà più possibile nei prossimi mesi, l'USZ si è mosso offrendo corsi di formazione durante l'estate in cui gli infermieri qualificati potessero prepararsi per lavorare nelle unità di terapia intensiva.

«Finora sono 86 gli infermieri che hanno frequentato il corso di formazione avanzata, ed entro la fine dell'anno saranno 106», spiega Lina Lanz, del dipartimento della sanità. Nuovi corsi saranno disponibili dal prossimo anno.

Peter Steiger non può dire se il numero sia sufficiente. Dopotutto, bisogna aspettarsi carenze di personale, soprattutto nella stagione fredda: ad esempio a causa di malattie, incidenti o quarantena. «Per non mettere in pericolo i nostri pazienti, lo staff deve fare un test Covid se hanno sintomi di raffreddore e restare a casa fino al risultato negativo».

Le misure salvano anche la vita dei pazienti non Covid - Il medico comprende che la pandemia e le misure associate siano dure da digerire. Ma sottolinea anche quanto sia importante aderirvi, e non solo per i pazienti Covid 19, che potrebbero dover lottare per la propria vita.

«Se i letti di terapia intensiva sono tutti occupati da persone infette da Sars-CoV-2 e se tutti gli infermieri vengono assorbiti da questi casi, nessuno sarà disponibile per altri pazienti con malattie potenzialmente letali». Anche una persona gravemente ferita potrebbe non ricevere più cure adeguate.

Il medico conclude con un avvertimento: «Non c'è bisogno di farsi prendere dal panico, ma la situazione va assolutamente presa sul serio».

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