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SVIZZERA«Il virus non conosce confini»

30.04.20 - 09:00
La Confederazione mette a disposizione 400 milioni di franchi per interventi a livello internazionale
Keystone
«Il virus non conosce confini»
La Confederazione mette a disposizione 400 milioni di franchi per interventi a livello internazionale

BERNA - «Le misure fin qui adottate hanno avuto successo, la curva epidemica si è appiattita e il sistema sanitario ha risposto bene alla crisi. Ma non si può ancora cantare vittoria». In Svizzera si torna gradualmente alla normalità: «Una boccata d'ossigeno sul piano psicologico, economico e sociale». Così il consigliere federale Ignazio Cassis, capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Ma l'emergenza Covid-19 non riguarda soltanto il nostro paese: a livello globale sono ormai quasi 3,2 milioni i casi di contagio accertati, secondo i più recenti dati della Johns Hopkins University di Baltimora. E tra i paesi colpiti si contano anche quelli in via di sviluppo, dove l'introduzione di restrizioni per rallentare la diffusione del virus rappresentano un grave problema per la popolazione. «Il virus non conosce confini» afferma Cassis. «Durante una crisi la solidarietà è importante - aggiunge - la tradizione umanitaria resta un pilastro importante della nostra politica estera».

Da qui la decisione del Consiglio federale, come viene reso noto in un'odierna conferenza stampa, di mettere a disposizione 400 milioni di franchi per interventi a livello internazionale. Si tratta innanzitutto di un prestito senza interessi di 200 milioni di franchi a favore del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e di 25 milioni di franchi per un fondo che mira al contenimento degli effetti delle catastrofi (Catastrophe Containment and Relief Trust) creato dal Fondo monetario internazionale (FMI). Altri 175 milioni saranno utilizzati per rafforzare le organizzazioni attive a livello mondiale e la cooperazione internazionale nella lotta contro il coronavirus. Sui crediti si chinerà il parlamento.

«Si rischiano disordini sociali» - «Se non possono lavorare - spiega il consigliere federale Cassis - le persone più povere del mondo non riescono a sfamare le loro famiglie: non hanno infatti contratti di lavoro regolari né beneficiano di un sistema di sicurezza sociale statale stabile che potrebbe proteggerle in caso di crisi». Con la pandemia di coronavirus aumenta quindi il rischio di disordini sociali e anche il numero delle persone che potrebbero essere costrette ad abbandonare determinati paesi a causa della mancanza di mezzi di sostentamento. «Nei paesi in via di sviluppo dobbiamo aspettarci che il virus colpisca in modo grave» sottolinea Stefan Flückiger, sottosegretario di Stato aggiunto della Segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI).

Gli aiuti sono destinati a quei paesi che chiedono aiuto. «Abbiamo già risposto alle richieste di paesi come la Cina» sottolinea Cassis. E si parla anche di Serbia, alla quale sono state fornite tende per migranti, e di Nepal, come spiega Manuel Bessler, delegato per l’aiuto umanitario e Capo del Corpo svizzero d'aiuto umanitario (CSA), Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC).

Gli effetti di un lockdown - Ma i soldi saranno sufficienti? «Dipende dagli effetti della pandemia sui paesi in via di sviluppo» dice Cassis. Oltre alle conseguenze della pandemia, questi paesi devono fare i conti soprattutto con il lockdown, quindi con gli effetti sull'economia.

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