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BERNA / INDIA«Mi sento come se fossi in prigione»

01.04.20 - 06:09
La 36enne Mona Seiler è bloccata in India. E non sa quando potrà tornare in Svizzera.
20minuten
Fonte Daniel Graf
«Mi sento come se fossi in prigione»
La 36enne Mona Seiler è bloccata in India. E non sa quando potrà tornare in Svizzera.

BERNA - A metà marzo Mona Seiler ha iniziato a sospettare per la prima volta che le sue vacanze in India avrebbero potuto finire in modo spiacevole: «Eravamo sull'isola di Neil, quando è arrivata la polizia e ci ha detto di tornare nel nostro ostello perché la spiaggia era stata chiusa a causa del coronavirus», racconta la 36enne a 20 Minuten.

Pochi giorni dopo qualcuno bussa alla sua porta. È di nuovo la polizia. «Ci hanno chiesto di essere sulla spiaggia alle 6 del mattino seguente. E che saremmo stati portati via da lì». Temendo che il simpatico proprietario dell'ostello potesse essere multato o addirittura arrestato, Mona e i suoi compagni di viaggio acconsentono al trasferimento. «La polizia ci stava già aspettando al porto, siamo stati ripresi, fotografati e trattati in modo molto scortese. È stato fastidioso».

Alla domanda sul perché dovessero lasciare l'isola, la risposta è stata che si trattava di prassi comune: «Non appena vi è una minaccia imminente, come può essere uno tsunami, portano tutti i turisti via dall'isola in modo che il cibo sia sufficiente per la gente del posto».

Sorvegliati con fucili e manganelli - Un traghetto a quel punto porta i turisti a Port Blair. Lì ci sono due autobus in attesa, pronti a trasferire il gruppo di circa 30 persone in aeroporto. «A destinazione siamo stati lasciati sotto il sole cocente, non ci è stato permesso di scendere dai bus e non ci è stato detto cosa fare», racconta la donna. La polizia era lì a sorvegliarli con fucili e manganelli. Solo diverse ore dopo i turisti sono stati scortati in aeroporto, uno alla volta, e Mona ha potuto comprare un biglietto per Chennai.

Una volta giunta a destinazione, però, nessuno è stato in grado di dirle come comportarsi. «Ci è stato chiesto di lasciare l'aeroporto, ma ci hanno detto che nessun ostello ci avrebbe accettati per paura d'incontrare potenziali infetti». Qualcuno nel gruppo ha trovato un alloggio, ma i prezzi erano alle stelle. Anche i tassisti se ne sono approfittati».

Al nuovo ostello, la segregazione si è fatta ancora più rigida: «Possiamo uscire solo dalle 9:00 alle 13:00. Molti negozi non ci fanno più entrare. Chiunque ci venda qualcosa lo fa con riluttanza e raddoppia il prezzo del cibo o delle sigarette. Le persone per strada a volte ci trattano come lebbrosi, mi sento come se fossi in prigione».

Mona, in tutto questo caos, riesce a prenotare un volo per Zurigo tramite la piattaforma eSky. L'aereo avrebbe dovuto partire alle 4:00 di martedì mattina. Un giorno prima della partenza, apprende tramite l'app Flightradar24 che il volo è stato cancellato. «Non ho ricevuto alcuna informazione dalla compagnia aerea. Se non mi fossi informata, sarei stata da sola in aeroporto alle 4 del mattino e non avrei potuto chiamare nessuno», afferma la viaggiatrice.

«Non so quando posso tornare» - Anche il tentativo di raggiungere l'ambasciata svizzera a Mumbai non ha avuto successo. «Risponde la segreteria telefonica. Le e-mail ricevono una risposta automatica».

Seiler spera che il DFAE risponda presto: «Temo di dover tornare a casa da sola». Video da altre parti dell'India la spaventano: «si vedono folle di persone che urlano e lanciano pietre e torce mentre la polizia attacca con dei bastoni. La possibilità di assistere in prima persona a scene del genere è reale e ho paura».

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