Il fatto di non inserire la lingua di Molière tra i requisti per chi si candida alla successione di Meyer ha mandato su tutte le furie il giornalista Jacques Pilet: «Così si tradiscono le tradizioni»
BERNA - Il nuovo presidente della direzione delle FFS potrà anche permettersi di non sapere il francese e parlare solo il tedesco con la popolazione? Il tema fa discutere a nord delle Alpi.
Il sasso nello stagno è stato lanciato da Werner Raschle, un "cacciatore di teste" che di recente ha sostenuto che la lingua di Molière non può essere richiesta come requisito per il successore di Andreas Meyer alla testa delle Ferrovie federali: altrimenti viene escluso il 75% dei potenziali candidati, tanto più che i top manager di meno di 40 anni oggi non parlano francese.
Dichiarazioni che hanno fatto andare su tutte le furie Jacques Pilet, 75enne giornalista ben conosciuto in Romandia, fra l'altro quale fondatore del settimanale "L'Hebdo". «Le nostre università sono diventate culturalmente così limitate?», si chiede Pilet in un contributo pubblicato oggi dal "Blick". «Non è preoccupante, anche nel mondo dell'economia?». A suo avviso studiare a New York o Chicago è sicuramente una buona cosa, ma un soggiorno in Romandia rappresenterebbe la via più corta per conoscere un altro modo di pensare.
«Questo disprezzo per la Svizzera plurilingue indigna i romandi», scrive il commentatore, che ricorda anche come il nuovo capo dell'esercito, Thomas Süssli, nella sua prima conferenza stampa abbia risposto solo alle domande in tedesco, perché non conosce il francese. «Si pensi se il quasi-generale dovesse andare sul campo senza riuscire a parlare, senza traduttore, con i soldati francofoni (uno su quattro): sarebbe una prima nella storia!». Certo Süssli - prosegue Pilet - ha promesso di migliorarsi nei prossimi quattro mesi «ma un sorriso dubbioso è lecito: in passato abbiamo sentito spesso queste promesse, con risultati pietosi».
Il giornalista - che non cita peraltro mai né l'italiano né il romancio - sottolinea che per fare carriera i romandi devono avere buone conoscenze di tedesco, mentre non avviene il contrario. «Questa Svizzera monolingue non è la mia Svizzera: tradisce una delle più belle tradizioni del Paese e si impoverisce e si banalizza da sola», conclude.