Il Consiglio federale ha destinato 64 milioni al Fondo globale per la lotta contro queste tre malattie e 30 milioni per il Programma delle Nazioni Unite sull'HIV
BERNA - Il Consiglio federale ha deciso di destinare un contributo di 64 milioni di franchi al Fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria per il periodo 2020-2022, e uno di 30 milioni per il Programma congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV/AIDS (UNAIDS) per il periodo 2019-2021.
Ogni anno 2,5 milioni di persone muoiono a causa dell'AIDS, della malaria o della tubercolosi, soprattutto nei Paesi a medio e basso reddito, viene ricordato in un comunicato governativo odierno. Con i finanziamenti, la Svizzera mira a ridurre i rischi sanitari globali rafforzando al contempo la posizione di Ginevra quale centro di competenza in materia di salute mondiale.
Dagli anni 1990 a oggi sono stati fatti notevoli progressi. Tuttavia, tra il 2010 e il 2017 il numero dei nuovi casi di infezione da HIV è aumentato in oltre 50 Paesi. Ogni due minuti un bambino muore di malaria e oggi la tubercolosi è la malattia infettiva che provoca più decessi a livello mondiale.
Grazie ai finanziamenti accordati alle due organizzazioni con sede a Ginevra, la Svizzera fornisce un importante contributo alla lotta contro la povertà e al rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali. La grande concentrazione di attori chiave - dalle aziende farmaceutiche alle organizzazioni internazionali - sul suo territorio fa della Confederazione un importante crocevia nel campo della salute mondiale.
Il Fondo globale è un partenariato pensato per sconfiggere in tempi più rapidi le epidemie di HIV, malaria e tubercolosi nei Paesi a basso e medio reddito. Dal 2002 a oggi, ha contribuito a salvare 27 milioni di vite umane.
L'UNAIDS è invece un programma congiunto delle Nazioni unite che mette insieme gli sforzi di 11 agenzie e dispone delle competenze tecniche indispensabili per trovare la risposta più efficace all'AIDS e fornire supporto ai Paesi più colpiti. Ha contribuito in modo significativo a ridurre del 47% i nuovi casi di infezione dopo il picco del 1994.