Amnesty lancia la campagna “Prima sì, poi ahh sììì” per cambiare la legge svizzera: «Non parliamo di firmare un contratto»
BERNA - “Prima sì, poi ahh sììì”: Amnesty International Svizzera ha lanciato una campagna perché il consenso (o meglio l’assenza dello stesso) diventi l’elemento centrale per determinare se una persona sia stata o meno vittima di stupro. In una petizione, l’organizzazione per i diritti umani chiede in particolare che il Codice penale sia modificato in modo che «tutti gli atti sessuali senza consenso possano essere puniti in maniera adeguata».
In Svizzera ci deve essere «costrizione» - Al momento, infatti, la legislazione svizzera prevede che, perché si configuri il reato di violenza carnale ai danni di «una persona di sesso femminile», ci sia «costrizione», «segnatamente» con «minaccia o violenza». Un uomo che si scontra con uno o svariati “no” o con un rifiuto non verbale, insomma, non è uno stupratore se la presunta vittima non gli ha opposto una certa resistenza fisica. «La legislazione attuale stabilisce che, anche quando la vittima ha chiaramente detto di “no”, si tratta di aggressione sessuale o stupro solo se c’è stato uso della forza o della coercizione », sottolinea Sarah Rusconi di Amnesty International Svizzera.
«Non parliamo di firmare un contratto» - «Per fare sesso serve il consenso di entrambi!», recita il portale dell’iniziativa e, nei video della campagna, si vedono delle persone che, prima dell’amplesso, pronunciano un chiaro “sì” in favore di camera… state quindi proponendo che, prima di ogni rapporto sessuale, i partner coinvolti si scambino un consenso verbale? «Non stiamo parlando di firmare un contratto, ma sensibilizziamo le persone ad accertarsi che il partner abbia esplicitato il proprio consenso, in modo verbale o non verbale», spiega Rusconi. Lo shock ingenerato da un abuso, del resto, spesso rende le vittime incapaci di agire o di parlare, «ma il linguaggio non verbale dice molto», sottolinea la responsabile.
«La maggioranza delle aggressioni non viene segnalata» - Oltre che dagli impegni presi in sede internazionale (la Convenzione di Istanbul prevede che ogni atto sessuale “non consensuale” debba essere considerato violenza sessuale), la Svizzera dovrebbe agire perché, nel nostro Paese, «nella grande maggioranza dei casi le aggressioni sessuali non vengono segnalate»: «La paura, la vergogna e la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario impediscono a molte donne e ragazze di denunciare le aggressioni sessuali», lamenta la ong. Secondo uno studio realizzato da gfs.bern, anzi, solo l’8% delle presunte vittime lo fa. Sempre secondo la stessa indagine, il 22% delle donne in Svizzera «ha subito atti sessuali indesiderati almeno una volta nella vita e il 12% ha avuto un rapporto sessuale contro la propria volontà».
Si chiedono «formazione» e dati - Oltre alle modifiche legislative illustrate sopra, la petizione indirizzata alla capa del Dipartimento federale di Giustizia e polizia, Karin Keller-Sutter, chiede «una formazione obbligatoria e un addestramento continuativo di Giustizia, polizia e avvocati sul comportamento da tenere con le persone colpite da violenza sessuale». Il testo chiede altresì una rilevazione sistematica dei dati relativi «a tutte le forme di violenza sessuale» e che si conduca «ricerca scientifica riguardo all’applicazione del diritto penale in materia di reati sessuali in Svizzera».