Già a sedici anni scelgono di sottoporsi a un intervento chirurgico perché sentono di essere nati nel corpo sbagliato
BERNA - Manuel W. (19 anni) una volta era una ragazza. Dallo scorso mese di ottobre assume una terapia ormonale e già dopo due settimane aveva notato che la sua voce stava cambiando, così come, di lì a poco, anche il tono muscolare.
«Sapevo che dentro di me c’era qualcosa che non andava», spiega Manuel, per poi aggiungere con un tono ironico: «Il rosa non mi è mai piaciuto». Da adolescente non sapeva come rivelarsi ai genitori e, di conseguenza, come comunicare loro ciò che più di tutto desiderava, ovvero procedere con una transizione di genere. «Avevo il timore che non mi accettassero», invece, mamma e papà non hanno fatto altro che sostenerlo: «È stato fantastico». Ora per Manuel sta per arrivare il periodo più difficile, a breve si sottoporrà all’intervento chirurgico: «Mi sarebbe piaciuto farlo molto prima», dice.
Come Manuel W., sempre più bambini e adolescenti confessano il desiderio di volersi sottoporre a un intervento per la transizione di genere. E per alcuni tale desiderio viene esaudito prima di avere compiuto i diciotto anni: secondo la banca dati di SwissDRG – istituzione comune dei fornitori di prestazioni, degli assicuratori e dei cantoni nell’ambito del sistema sanitario nazionale svizzero –, nel 2017, coloro che si sono sottoposti a tale processo in 14 casi erano minorenni.
A due anni di distanza, secondo il Dr. David Garcia, colui a capo del reparto transizione di genere presso l’Ospedale Universitario di Basilea, i giovani sono in aumento: «Visto che l’identità di genere si sviluppa tra i due e i quattro anni, sappiamo già molto presto se stiamo bene o meno nel nostro corpo», spiega il medico. «Il nostro team, in ogni caso, si occupa degli adulti, i minorenni vengono operati solo in casi eccezionali», precisa Garcia. La domanda, comunque, è in crescita. Ne dà conferma anche lo psicologo Udo Rauchfleisch, che sempre più spesso, afferma, ha in cura bambini (anche di cinque anni) che non si identificano con il proprio corpo.
Voce critica sulla tendenza, l’esperta in etica della salute Ruth Baumann Hölze: «È stato dimostrato che la pubertà può limitare la capacità di giudicare la percezione del proprio corpo: i minori, per cui, vanno protetti da decisioni che successivamente potrebbero rimpiangere».