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SVIZZERAA un secolo dallo sciopero le riforme sono ancora attuali

11.11.18 - 10:50
La settimana di 48 ore entrò in vigore nel 1920 almeno nelle fabbriche e nel 1925 il popolo accettò un articolo costituzionale sull'AVS, tradotto in pratica però solo nel 1947
Keystone
A un secolo dallo sciopero le riforme sono ancora attuali
La settimana di 48 ore entrò in vigore nel 1920 almeno nelle fabbriche e nel 1925 il popolo accettò un articolo costituzionale sull'AVS, tradotto in pratica però solo nel 1947

BERNA - Lo storico ginevrino Marc Vuilleumier lo ha definito l'avvenimento più importante della storia svizzera dal 1848. Di certo, è stato il più drammatico. Lo sciopero generale del 12-14 novembre 1918 - 100 anni fa - rischiò di far piombare il paese, risparmiato dalla Prima Guerra Mondiale, in una guerra civile. Ma pose anche la necessità di riforme i cui effetti sono ancor oggi tangibili.

Tesi contrapposte

Esso pesò sulla vita politica Svizzera per almeno due decenni, e le reciproche accuse tra destra e sinistra sono prevalse anche in seguito come interpretazioni storiche. Dalla destra lo sciopero è stato presentato come il frutto di un complotto bolscevico internazionale per suscitare una rivoluzione nel Centroeuropa, sfruttando il malcontento popolare per le ristrettezze causate dalla guerra. L'esercito doveva intervenire per salvare il paese.

A sinistra si è sostenuto che socialisti e sindacati, lungi dal coltivare disegni eversivi, si trovarono costretti a rispondere con lo sciopero alle provocazioni di autorità e Stato maggiore, che avrebbero cercato la prova di forza con l'occupazione militare di Zurigo.

Le ricerche degli storici hanno sfumato alquanto questo quadro in bianco e nero e reso l'interpretazione molto più complessa.

Grande paura

La "grande paura" comincia in Svizzera nel novembre 1917, quando il fuoco della rivoluzione russa sembra incendiare anche Zurigo, con un bilancio di 4 morti e decine di feriti. Essa è mantenuta viva durante tutto il 1918, con punte di estrema tensione, dall'atteggiamento sempre più impaziente di socialisti e sindacati, mentre la "forbice" della disuguaglianza sociale si divarica ad un'ampiezza mai vista.

La Svizzera del 1918 è un paese in cui - ha scritto lo storico friburghese Roland Ruffieux - «tutto contribuisce a rafforzare l'impressione di uno Stato che si impoverisce e di una società i cui strati superiori si arricchiscono troppo rapidamente quando la base conosce la miseria».

In giugno, la Svizzera conta 692 mila indigenti riconosciuti, soprattutto operai e impiegati urbani, mentre industria e banche annunciano utili e dividendi primato e i contadini traggono profitto dagli alti prezzi dei loro prodotti.

Nel corso dell'anno, il cosiddetto "Comitato di Olten", espressione socialista e sindacale, brandisce a più riprese la minaccia dello sciopero generale, parola magica che può rivestire i più diversi significati: azione puramente rivendicativa per alcuni, anticamera della rivoluzione per altri.

Mobilitazione preventiva

La psicosi si trasforma in panico all'inizio di novembre, quando arrivano le prime notizie del crollo degli Imperi Centrali e dei moti operai in Austria e Germania. Temendo la rivoluzione il generale Ulrich Wille, un "falco", ottiene di far occupare Zurigo militarmente, vincendo lo scetticismo delle autorità politiche.

Il Comitato d'Olten, che da agosto ha ormai abbandonato le minacce di sciopero generale dopo aver ottenuto concessioni dal governo, grida alla provocazione e decide il 7 novembre per il 9 uno sciopero di protesta nei principali centri industriali. Il governo, su pressione dell'Intesa, espelle la missione sovietica a Berna e mobilita nuove truppe. A Zurigo, l'Unione operaia decide di continuare l'agitazione fino al ritiro dei soldati. Il 10 una gran folla si riunisce in città per celebrare l'anniversario della rivoluzione russa. L'esercito interviene. Bilancio: quattro feriti e un militare ucciso.

Sciopero generale

Colti impreparati, i vertici socialisti e sindacali lanciano l'ordine di sciopero generale a partire dal 12 novembre e redigono in tutta fretta un elenco di rivendicazioni. Fra queste: rielezione immediata del Consiglio nazionale con il nuovo sistema proporzionale, diritto di voto ed eleggibilità per le donne, settimana lavorativa di 48 ore, democratizzazione dell'esercito, introduzione di un'assicurazione vecchiaia e superstiti.

Lo sciopero è assai seguito nella Svizzera tedesca. Secondo stime posteriori dell'Unione sindacale, incrociano le braccia 250 mila lavoratori. Ma sull'altro fronte sono schierati quasi 100 mila soldati, un terzo dell'esercito: truppe scelte nelle zone rurali e nella Svizzera latina.

L'agitazione incontra infatti quasi solo ostilità in Romandia e nel Ticino. Le due regioni sono in pieno tripudio per la vittoria dell'Intesa sui Centrali e lo sciopero è visto come un colpo di coda di questi ultimi: la stampa, che da tre anni presenta i vertici "pacifisti" svizzerotedeschi del PSS come «socialisti del Kaiser», gioca un ruolo essenziale in questi giorni.

Di fronte alla fermezza delle autorità, il Comitato di Olten non ha altra scelta che sospendere, il 14 novembre, l'agitazione, senza aver ottenuto concessioni. «L'idea socialista ha dovuto cedere alla forza delle baionette borghesi», dirà il suo leader, il bernese Robert Grimm, che sarà condannato a 6 mesi di carcere, con altri membri del comitato.

Conseguenze

L'unico sciopero generale elvetico di carattere nazionale portò comunque qualche frutto. Alcune rivendicazioni vennero accolte negli anni successivi. Alle elezioni del 1919, anticipate di un anno, i socialisti raddoppiarono con la proporzionale i mandati in Consiglio nazionale. La settimana di 48 ore entrò in vigore nel 1920 almeno nelle fabbriche e nel 1925 il popolo accettò un articolo costituzionale sull'AVS, tradotto in pratica però solo nel 1947.

D'altro canto, lo shock del '18 causò una radicalizzazione a destra e un diffuso ostracismo verso i socialisti. Il loro ingresso nel governo federale, non escluso nelle file borghesi più liberali nel 1918, avverrà solo dopo la "pace del lavoro" del 1937 e la conversione del PSS alla difesa nazionale. Ironia della storia, primo consigliere federale socialista sarà nel 1943 Erns Nobs, portavoce dell'ala radicale zurighese nell'anno ruggente dello sciopero generale.

Il Museo nazionale di Zurigo ha allestito una mostra sullo sciopero e le sue conseguenze, che potrà essere visitata fino al prossimo 20 gennaio.

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