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SVIZZERAWhatsApp vietato agli under 16: e le chat di classe?

04.06.18 - 07:30
Andrebbero abolite, allo studio soluzioni alternative. Cresce la paura fra gli insegnanti, «un mestiere sempre più complicato»
WhatsApp vietato agli under 16: e le chat di classe?
Andrebbero abolite, allo studio soluzioni alternative. Cresce la paura fra gli insegnanti, «un mestiere sempre più complicato»

BERNA - La soluzione più saggia, quella che potrebbe salvare la capra e pure i cavoli, viene da Peter Merz, professione preside: «Chiediamo ai genitori di autorizzare l'utilizzo dell'app». WhatsApp, per la precisione, fra le più penalizzate da regolamenti e divieti. 

La decisione di alzare l'età minima di utilizzo da 13 a 16 anni, in risposta alle nuove direttive dell'Ue sulla protezione dei dati, rischia di stravolgere usi e costumi ormai consolidati, anche in Svizzera. Le chat di classe per esempio, sfruttate dagli insegnanti per raggiungere gli studenti più velocemente e anche fuori dall'orario scolastico rigido, teoricamente andrebbero abolite. 

È dunque corsa a trovare in fretta un'alternativa. Secondo quanto scritto ieri dalla Sonntagszeitung, che ha intervistato docenti e responsabili, sono nati addirittura gruppi di studio, dove fare brain storming ed escogitare nuove maniere di comunicazione. Aggettivo improprio, per la verità: in realtà, quello che si ipotizza è un ritorno al passato, alle email o perfino agli sms che i ragazzi forse neanche più ricordano, superati da strumenti più efficienti. 

«I tempi delle email non sono adeguati – riflette Merz – Gli studenti non controllano se è arrivato qualcosa di importante. E per quanto riguarda la messaggistica tradizionale i giovani non sanno nemmeno cosa siano gli sms». Indietro non si torna, insomma. Ma indietro, oggi, è anche WhatsApp alla maniera in cui si utilizzava fino all'altro mese.

«È un mestiere sempre più complicato, con tantissimi aspetti da controllare» dice Daniele Dell’Agnola, formatore di docenti alla Supsi di Locarno e lui stesso insegnante alle scuole medie, nonché esperto di italiano. Uno di questi aspetti riguarda, per una ristretta cerchia di insegnanti, anche l’uso di WhatsApp per comunicare con gli allievi.

«Oltre al controllo sulla propria materia, che resta il centro e il cuore pulsante della scuola, il docente deve avere un occhio sulle dinamiche relazionali in classe e, in più, su tutto quello che accade fuori. In questa complessità il pericolo di sbagliare e perdere il controllo c’è».

Nel mare delle tecnologie, continua Dell’Agnola, «ci sono docenti che lavorano con qualità. E nonostante ciò si avverte un sentimento di paura crescente dettato appunto dai limiti in evoluzione, ma che vanno rispettati». Come se ne esce è presto detto: «La soluzione sta innanzitutto nel dialogo con le famiglie, che è importantissimo. Dopodiché il docente dovrebbe essere un modello di comportamento anche con le tecnologie».

Moderazione è il consiglio e nel caso specifico, conclude, «l’utilizzo di WhatsApp, ad esempio, per assegnare i compiti, mi pare quantomeno bizzarro. Personalmente ritengo sia fondamentale la comunicazione in classe».

 

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COMMENTI
 

Bacaude 5 anni fa su tio
Ciao. le lezioni a distanza in alcuni paesi con ovvi problemi di distanze tra allievi e scuola, esistono da più di 50 anni. In Australia nei villaggi più discosti si facevano lezioni radiofoniche, nel senso che gli allievi erano in classe mentre un docente spiegava via radio da 1000km di distanza. Vi era però un ovvia necessità. Alle nostre latitudini questa necessità non esiste. La scuola non è meramente un posto dove si fa lezione ma è un luogo dove si apprende a relazionarsi con gli altri. Un luogo dove l'immediatezza di una domanda viene soddisfatta dall'insostituibile rapporto vis-a-vis col docente. Insomma, c'è del vero in quello che dice Mattiatr. L'uso immotivato di una piattaforma (solo perchè c'è la tecnologia per farlo) porta alla lacerazione dei normali rapporti docente/studente, impigrisce tutti gli attori coinvolti e va a detrimento di una seria pianificazione. p.s. i rampolli di famiglie facoltose (e alle quali importa di una certa cultura) frequentano scuole di stampo ottocentesco nelle quali (durante l'orario scolastico) sono severamente vietati tutti i fronzoli tecnologici a seguito, gli impegni extracurricolari sono limitati e si studia sui cari vecchi libri per diverse ore al giorno. Secondo te costoro avranno qualche chance in più o in meno all'Università?

Bacaude 5 anni fa su tio
Risposta a Bacaude
era x 87 qui sotto...

87 5 anni fa su tio
Risposta a Bacaude
Ci sono scuole serali che forniscono alla fine diplomi SSST. Dopo una giornata di lavoro, attraversare il Ticino (una sede scolastica per tutto il cantone) per recarsi a scuola e seguire la lezione di chimica quando studi edilizia, è un duro impegno. Alle lezioni quindi si presentano in pochi, e l'insegnante si rifiuta di fare una lezione che dovrà ripetere al resto della classe. Così quei pochi che si sono presentati, devono rientrare a casa, chi abita vicino va bene, ma chi ha fatto il sacrificio di percorrere chilometri per niente è penalizzato. Per questo motivo hanno provato a creare queste "lezioni a distanza". Personalmente l'ho provata, ma non mi ha convinto molto, probabilmente a causa della struttura della piattaforma poco accattivante (difficile rendere accattivante una piattaforma scolastica) o dal metodo di insegnamento della materia che non sfrutta completamente il potenziale del servizio da parte dell'insegnante che non è avvezzo all'uso del computer.¶ L'uso di WhatsApp da parte degli studenti è utile se si utilizza nel modo giusto (un coltello permette di essere utile e pericoloso allo stesso tempo)! Se gli alunni utilizzano WhatsApp per condividere le soluzioni dei propri esercizi e quindi confrontarsi tra di loro, quando ognuno è a casa propria, perchè non può essere una proposta valida? Anche chi è meno forte in una materia potrebbe essere utile in un'altra dove si sente meglio. Il docente a questo punto sarebbe solo il moderatore per vedere la partecipazione degli alunni, e premiare chi partecipa di più e non solo chi porta ottimi risultati da fonte dubbia (che so, il fratello maggiore ti porta i test di quel prof che ha avuto un paio d'anni prima). Per rispondere alla tua domanda: all'Università ci va chi è (e si sente) in condizione di farlo; non tutti i percorsi scolastici includono l'Università come scopo ultimo, ma bensì ottenere il diploma che permetta di svolgere una professione nei limiti legali (p.es vedi limitazioni LIA).

Bacaude 5 anni fa su tio
Risposta a 87
Scusa ma tirare in ballo scuole serali significa tirare in ballo adulti che decidono di continuare la loro formazione. Cambia tutto. Non mi pare esattamente il tema dell'articolo. La condivisione delle soluzioni/svolgimenti dei compiti a casa i bravi insegnanti la fanno abitualmente in classe dove viene monitorata, come auspichi tu la partecipazione attiva e costruttiva. Come dicevo le "lezioni a distanza" esistono da almeno 50 anni e se non hanno mai realmente sfondato è perchè il loro valore didattico è molto più scarso rispetto a lezioni tradizionali. Non demonizzo l'uso di Whatsapp (anche perchè non è usato così di frequente come si vuole far credere in questo articolo). E' ovvio che sia per i giovani un normale canale di comunicazione, rimango solo perplesso sulle sue reali capacità di contribuire alla didattica per 100 motivi che non starò ad elencare. p.s. Attenzione a pensare che gli insegnanti siano digiuni d'informatica. La maggior parte degli insegnanti ormai ha meno di 50 anni e ti garantisco che ne mastica parecchio di più degli studenti che confondo l'uso smodato e frenetico di 2-3 baggianate con il saper usare un Computer.

87 5 anni fa su tio
Risposta a Bacaude
Mattiatr ha portato la sua testimonianza riguardo all'introduzione della piattaforma per la consegna dei compiti a casa, in maniera analoga a quanto ho riportato io. Io ho riportato l'uso della lezione a distanza per le materie meno impegnative. In un altro post ho ribadito che tra docenti e alunni deve esserci una separazione. L'uso di WhatsApp è valido, ma bisogna usarlo con coscienza: consegnare i compiti o le date delle verifiche all'ultimo momento non è cosa giusta. La condivisione di esercizi svolti a casa con la moderazione dell'insegnante è un percorso che si potrebbe continuare a seguire. Anche tanti insegnanti scambiano il "navigare su FB" o "utilizzare Word per copiare e stampare delle immagini da internet" (ci sono altri mezzi, senza chiamare in causa PhotoShop) o "creare delle tabelle bianche in Excel" come il saper utilizzare un pc; i più bravi riescono a fare una presentazione in PowerPoint zeppo di odiosi effetti di animazione.

Mattiatr 5 anni fa su tio
Non ho ancora letto i commenti degli altri bloggers quindi spero di non fare ripetizioni.¶ Essendo ancora studente vorrei fare un commento e una ''testimonianza''. Io sono parte di quelle due o tre classi (nati fra il ''99 e il 2001)che si possono definire nel periodo di transizione, ho subito e sto subendo l'immissione dei social network anche in ambito studentesco.¶ Proprio quest'anno hanno selezionato la mia classe per la prova di una nuova piattaforma in internet dove consegnare compiti digitali, ricevere consegne ecc. Un disastro! I docenti mi davano consegne anche fuori i giorni in cui sono a scuola. Io generalmente per le materie professionali ho un giorno dedicato, il mercoledì. Ma i docenti avendo la possibilità di farmi consegnare i compiti anche di lunedì e martedì. Quindi i giorni dove consegnare compiti e ricerche sono diventati 5 da 1. Così facendo il nostro carico e il nostro stress sono aumentati rispetto all'anno scorso dove l'internet manco lo usavamo.¶ Riguardo a whatsapp il discorso è simile, 7 giorni su 7 riceviamo comunicazioni dai docenti, settimana scorsa di lunedì volevano piazzarci un test di martedì, l'applicazione gli da la possibilità di modificarci i programmi con scarso preavviso. Praticamente è complicato sconnettere da scuola con un docente che ogni giorno ti scrive sul gruppo di classe nuove direttive per la settimana prossima. Inoltre il trattamento non è bilaterale, i docenti possono eseguire comunicazioni dell'ultimo minuto ma se un allievo prova a richiedere un cambiamento di programma uno o due giorni prima della lezione si becca la solita ramanzina sulla professionalità, il tempismo e l'affidabilità. Whatsapp non è un mezzo necessario per gli allievi e per i docenti, aumenta solo il carico di lavoro e di stress dove è sufficiente un poco di organizzazione. Sono fermamente contrario con chi afferma che è scolasticamente utile.¶ E basta aggiungere lavoro ai docenti. Il lavoro di un INSEGNAnte è insegnare, non fare da assistente sociale a tutti i suoi alunni, il suo compito verso i ragazzi dovrebbe iniziare e finire fra le mure di scuola. Non sono in grado di aiutare veramente eventuali bullizzati, 1 perché non sono i gruppi di classe con i docenti i luoghi di diverbi e 2 perché l'intervento di un docente fra i rapporti degli alunni non risolve nulla. Nella classe della figlia di un conoscente infatti hanno fatto girare foto (non sconce né volgari) della ragazza sull'applicazione. Io stesso quando ancora non avevo un telefono in 3a media venivo sparlato in gruppi whatsapp. Quindi le chat non sono utili ma creatrici di stress e un nuovo luogo dove prendere in giro i componenti più sfigati della classe. Ben vengano i limiti d'età.

87 5 anni fa su tio
Risposta a Mattiatr
In alcune scuole serali hanno introdotto le "lezioni a distanza" per le materie meno impegnative. Invece che recarti a scuola devi loggarti sul sito della piattaforma scolastica col pc di casa/ufficio/dove ti pare, e scaricare il pdf con l'argomento del giorno e la scheda con gli esercizi di tale argomento. Ti rechi a scuola solo per le verifiche.

matteo2006 5 anni fa su tio
Risposta a Mattiatr
Bel commento bravo, questo serviva e non solo commenti di chi parla per sentito dire (come me), con un esempio semplice di come nell'utilizzo sul campo questo genere di applicazioni se non usato correttamente è solo una peggioramento.

Mattiatr 5 anni fa su tio
Risposta a matteo2006
Grazie. Come si suol dire si stava meglio quando si stava peggio, i bei vecchi tempi delle elementari quando la cosa più tecnologica era l'altalena in cortile. Almeno lì le prese in giro le dicevamo in faccia e non scritte in un natel.¶ Buona giornata Matteo.

Mattiatr 5 anni fa su tio
Risposta a 87
Questo non succede di sicuro in Ticino, tanto meno alle medie o nei primi anni di scuola non obbligatoria. Inoltre non è Whatsapp che ti permette queste pratiche scolastiche.

87 5 anni fa su tio
Risposta a Mattiatr
Le scuole serali citate sono in Ticino! È sottinteso che trattandosi di scuola serale (nella fattispecie una SSST), non fa parte delle scuole obbligatorie (infanzia, elementari, medie) nè di liceo o scuole professionali. WhatsApp viene utilizzato solo tra studenti, per condividere le soluzioni degli esercizi (ognuno ne fa una parte e si confrontano i risultati). Salvo il caso della piattaforma "opencampus" o "educanet²" (opportunità secondo il DECS), non ci sono interazioni con gli insegnanti (quindi non rientrano nei nei gruppi WhatsApp). Purtroppo manca una cultura dell'uso consapevole della tecnologia tra i giovani: uno è capace di usarla, ma nel gruppo c'è sempre chi si crede il più furbo o chi preferisce comunicare col piccione viaggiatore.

Mattiatr 5 anni fa su tio
Risposta a 87
Mi scuso per l'errore, non sapevo che in Ticino esistessero scuole che offrissero questa possibilità. A saperlo l'avrei consigliato a un mio collega che tutti i giorni macinava ore e chilometri alla guida per andare fino a Trevano hahaha.¶ Le scuole come l'SSST però non vengono frequentate da persone con meno di 18-19 anni. Si presume che a quell'età (se non più grandi) gli individui di una classe abbiano la maturità sufficiente da usare un mezzo a loro disposizione come whatsapp anche in maniera costruttiva. Alle medie no.

negang 5 anni fa su tio
Ma come fai a controllarlo ? Assurdo vietarlo. E' cio' che di meglio e' uscito negli ultimi anni dopo Skype che ha perso quasi tutto quel che aveva di buono 12 anni fa.

87 5 anni fa su tio
È giusto che gli insegnanti siano al passo coi tempi come i propri studenti, è meno giusto che non ci sia una netta divisione con gli alunni.¶ Consegnare compiti via WhatsApp è sbagliato (dal docente verso gli alunni e dagli alunni verso il docente), insegna a fare le cose all'ultimo istante invece che prendersi il tempo. Piuttosto l'utilità si trova nelle discussioni per risolvere i compiti più difficili. Quando un alunno sta svolgendo i compiti a casa non chiama il compagno di banco per cercare di trovare la soluzione (magari pure sbagliata), ma fa la domanda sulla chat, dove potenzialmente tutta la classe può contribuire allo sviluppo del compito e inviare foto di schizzi o altri file che possono essere utili. In questo caso il docente non deve essere parte attiva della chat, ma semplice _moderatore_ e magari a fine anno può dare quel punto in più agli alunni di cui vede l'applicazione alla materia anche fuori orario scolastico.¶ ¶ Forse sono finiti i tempi del: "Suo figlio è intelligente ma non si applica", nonostante l'impegno dell'alunno a casa (con un metodo sbagliato) che non risulta dalle verifiche scolastiche.

87 5 anni fa su tio
Risposta a 87
Anche i genitori non dovrebbero demonizzare la tecnologia, i giovani riuscirebbero comunque a utilizzarla a loro vantaggio in qualche modo, sempre un passo avanti alle "vecchie generazioni". Quindi i genitori che sono ancora all'era del Fax, dovrebbero impegnarsi a conoscere le tecnologie in uso, senza rifiutarle perchè "questi compiuters sono troppo complicati".

Bacaude 5 anni fa su tio
E' piutosto superficiale. La chat di classe sono un'eccezione, tra l'altro quasi sempre usata per comunicazioni fuori dall'orario scolastico e non certo per i compiti. Il vero problema qui è che, come spesso accade, si rimette alla buona volontà del docente il sorvegliare e/o ritirare i natel ai ragazzi nonostante questo sollevi sempre piÙ polemiche da parte di genitori apprensivi che non vogliono (per scarsa attitudine genitoriale) imporre regole ai loro figli. p.s. Ha ragione chi dice che è un divieto "finto". Già oggi per avere un abbonamento telefonico si devono avere 18 anni (ergo li fanno/pagano i genitori), dunque porre la domanda è solo un modo furbo del servizio di adempiere agli obblighi di legge.

Frankeat 5 anni fa su tio
Manca solo quello/a che dica "I problemi sono altri" e abbiamo compeltato le frasi fatte anche per questa notizia.

skorpio 5 anni fa su tio
mamma mia!! ma si rendono conto che sono INSEGNANTI... che esempio danno ai ragazzi... mestiere difficile senza tecnologia, compiti via whatsapp... ma scherziamo. Whatsapp che lo si usi privatamente. A scuola devono imparare a comunicare tra di loro e con le famiglie a 4 occhi. ma fino a pochi anni fa come si faceva senza tecnologia, ah ma si certo, noi della "vecchia" generazione siamo tutti ignoranti....

Equalizer 5 anni fa su tio
Risposta a skorpio
Hai ragione da vendere.

matteo2006 5 anni fa su tio
Risposta a skorpio
Concordo in questo caso l'insegnamento migliore è che le comunicazioni vengono date in classe la tecnologia la si può usare ma non per le comunicazioni tramite messaggistica istantanea. Che poi la scusa che le mail non le leggono è ridicola perché come ricevi la notifica whatsapp ricevi quella mail.

tirannosaurosex 5 anni fa su tio
Ai miei tempi si usava educanet2.

87 5 anni fa su tio
Risposta a tirannosaurosex
Un altro sistema "efficiente" come opencampus. Peccato che al costo di 4.- fr nessun allievo scaricherà l'app sul proprio smartphone. Quindi il servizio diventa fruibile solo su pc e perde di interesse.

Fafner 5 anni fa su tio
Il solito divieto non verificabile. Come controlla WH che l'utente abbia effettivamente l'età richiesta? Suppongo glielo chieda dopo l'installazione, che idiozia.

87 5 anni fa su tio
Risposta a Fafner
Penso che la domanda (dopo l'installazione) sia del tipo: «Per utilizzare la nostra app devi avere almeno 16 anni o essere autorizzato da un genitore. Hai almeno 16 anni? SÌ / NO »__Poi esistono due tipi di risposte per chi non ha ancora l'età idonea. 1) "SÌ" e nella verifica dell'età mettono l'anno di nascita sufficiente all'iscrizione; 2) "NO" e nella verifica successiva dei genitori sono gli stessi ragazzi ad acconsentire. Il punto 2) non è mai stato sperimentato.
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