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GINEVRASperisen ha chiesto le dimissioni del procuratore

19.04.18 - 15:25
L'ex capo della polizia nazionale del Guatemala: «Ho sempre detto che non ho ucciso nessuno e che non ho mai ordinato di farlo»
Keystone
Sperisen ha chiesto le dimissioni del procuratore
L'ex capo della polizia nazionale del Guatemala: «Ho sempre detto che non ho ucciso nessuno e che non ho mai ordinato di farlo»

GINEVRA - Accusato a Ginevra di aver partecipato all'esecuzione di 7 detenuti in Guatemala nel 2006, l'ex capo della polizia nazionale del Paese centroamericano Erwin Sperisen ha chiesto oggi le dimissioni del primo procuratore Yves Bertossa, il magistrato che sostiene l'accusa nel processo iniziato lunedì.

Il primo procuratore - ha dichiarato Sperisen - ha fallito nella sua missione di cercare la verità: «Ho sempre detto che non ho ucciso nessuno e che non ho mai ordinato di farlo», ha rilevato il 47enne binazionale svizzero-guatemalteco.

«Dal suo piccolo ufficio, Bertossa vuole dirigere la politica di un altro Stato, ma non può pretendere di dettare il modo con cui avrei dovuto agire senza conoscere la realtà locale». Avviando il procedimento in causa, Bertossa ha voluto «far pubblicità per i suoi amici e per l'associazione di suo padre», ha affermato Sperisen, in riferimento all'organizzazione non governativa TRIAL, che aveva denunciato la presenza a Ginevra dell'alto ufficiale di polizia.

Prima dell'imputato si sono espressi i suoi legali, che hanno chiesto il proscioglimento «puro e semplice» del loro assistito. Sperisen non aveva alcun interesse a veder uccisi detenuti in occasione dell'intervento delle forze di sicurezza guatemalteche, volto a riprendere nel 2006 il controllo del penitenziario Pavon, ha detto l'avvocato Florian Baier.

Con la sua sentenza del 29 giugno 2017 - ha proseguito - il Tribunale federale ha mostrato la via da seguire: ha chiesto alla magistratura ginevrina di giudicare nuovamente Sperisen, a cui nei procedimenti precedenti non sono state concesse a sufficienza le garanzie previste dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), quali il confronto con testimoni chiave e il diritto di essere ascoltato.

Anche in questo processo - il terzo dal 2014 - non sono stati interrogati nuovi testimoni, quali i rappresentanti del Ministero pubblico guatemalteco presenti durante l'operazione Pavon, né le guardie del corpo che proteggevano i quadri superiori della polizia.

Non è stato interrogato nemmeno Victor Soto, uno dei membri del commando segreto entrato nel carcere durante l'assalto dato dalle forze di sicurezza, con l'obiettivo di uccidere sette detenuti selezionati in precedenza. Per queste esecuzioni, Soto è stato condannato in Guatemala a 33 anni di prigione.

Prendendo a sua volta la parola, il secondo legale di Sperisen, Giorgio Campa, ha definito «nauseabondo e ripugnante» il dossier allestito dall'accusa contro Sperisen. «In assenza di nuovi elementi», il legale ha esortato la Camera penale d'appello e di revisione a «farsi coraggio» e a prosciogliere l'imputato.

Ieri, il Ministero pubblico ginevrino ha chiesto nuovamente l'ergastolo per l'ex capo della polizia nazionale civile guatemalteca. Nel caso in cui la Corte ritenesse solo la complicità di Sperisen nelle esecuzioni dei detenuti, la pubblica accusa ha chiesto una condanna a 15 anni di reclusione. La sentenza sarà resa nota il 27 aprile.

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