E lo fanno anche dal Ticino. In aumento chi dice di volersi togliere la vita, la Pro Juventute: «Colpa dello stress crescente, dobbiamo imparare ad ascoltarli»
ZURIGO/LUGANO - Sono 350 i giovani e i giovanissimi che ogni giorno alzano la cornetta e cercano aiuto chiamando il numero 147 di Pro Juventute.
Telefonate che arrivano da tutta la Svizzera (Ticino compreso) e che riguardano i temi più disparati dalla sfera sentimentale, passando per l'autostima fino a problemi famigliari e pensieri autolesionistici o di suicidio.
Proprio questi ultimi casi sono in aumento evidente dall'1,5% del totale del 2011 oggi si arriva facilmente attorno al 5%. Una crescita dovuta «all'aumento del tasso di stress a cui sono sottoposti», spiega Pro Juventute.
Senz'altro preoccupante ma non del tutto negativo: «L'aumento di contatti in questo senso ci fa capire che i ragazzi sono proattivi e vogliono cercare una soluzione al loro problema», spiega il responsabile Thomas Brunner, «nella maggior parte dei casi chi ci chiama non ha un vero desiderio di morte ma si trova in una situazione che reputa senza via d'uscita».
Per risolvere queste situazioni spesso una telefonata non basta: «Capita al massimo in una cinquantina di casi all'anno, direi. Di solito però dobbiamo allertare un ente di soccorso».
Il Ticino non è certo immune a questo tipo di problematiche, come ci conferma Ilario Lodi di Pro Juventute: «Anche qui ragazzi e ragazze sono costantemente sotto pressione».
Le richieste d'aiuto in caso di chi pensa al suicidio ci sono anche da noi: «è un tema che esiste anche da noi», commenta Lodi, «e che in generale mi sembra che nella nostra società si faccia fatica o non si voglia propria trattare».
In che senso? «Che viene vissuto come un tabù, chi vive in prima persona questo dramma spesso si sente colpevolizzato, non dev'essere così».
Cosa bisognerebbe fare secondo lei? «Innanzitutto bisogna iniziare a raccogliere i segnali che i giovani ci mandano costantemente. In questo senso sono convinto che abbiamo una carenza proprio livello sociale, ed è un gran bel problema. Dobbiamo ricominciare a prestare loro attenzione e a considerarli, innanzitutto, come persone».