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VAUDL'EPFL ha identificato la zona chiave del cervello per favorire la cura dei topi paraplegici

19.03.18 - 17:00
Resta da vedere se la riabilitazione porta anche a un "ricablaggio" simile negli esseri umani
Keystone
L'EPFL ha identificato la zona chiave del cervello per favorire la cura dei topi paraplegici
Resta da vedere se la riabilitazione porta anche a un "ricablaggio" simile negli esseri umani

LOSANNA - Ricercatori del Politecnico federale di Losanna (EPFL) hanno identificato una zona cerebrale chiave per favorire la guarigione di topi paraplegici. Uno studio in materia è stato pubblicato sul mensile scientifico Nature Neuroscience e secondo i suoi estensori rappresenta un passo verso la riabilitazione di pazienti paralizzati.

Gli studiosi hanno osservato per la prima volta come il cervello reindirizzi i comandi motori specifici attraverso canali alternativi, si legge in un comunicato odierno dell'EPFL.

«Il cervello sviluppa nuove connessioni anatomiche attraverso aree del sistema nervoso rimaste intatte dopo la lesione», spiega Grégoire Courtine, ricercatore presso l'ateneo, citato nella nota. «Il cervello ricollega principalmente i circuiti della corteccia cerebrale, del tronco cerebrale e del midollo spinale».

La guarigione non è comunque spontanea, aggiunge Léonie Asboth, autrice principale dello studio. Affinché siano ristabilite le connessioni gli animali devono sottoporsi a una terapia riabilitativa intensiva che comporti la stimolazione elettrochimica del midollo spinale, associata a una fisioterapia attiva.

Il midollo spinale dei topi viene stimolato due volte: prima con l'iniezione di prodotti farmaceutici, poi con la stimolazione elettrica sotto la lesione, al fine di attivare i muscoli delle gambe. La fisioterapia - supportata da un'imbracatura intelligente che alleggerisce il peso del corpo e offre condizioni di camminata naturali - permette ai ratti di riprendere, dopo poche settimane, il controllo volontario ed esteso delle zampe posteriori.

In seguito gli animali possono controllare i loro muscoli anche senza stimolazione elettrochimica o imbracatura. Nel 2012, Courtine e il suo team avevano già dimostrato che i topi con lesioni al midollo spinale dopo tale riabilitazione potevano nuotare e salire scalini.

Confrontando il cervello dei ratti feriti e riabilitati con quello dei ratti sani, gli scienziati sono stati in grado di identificare una regione specifica del tronco cerebrale come fattore chiave nel recupero. Questo ruolo è stato scoperto utilizzando tecniche avanzate, di optogenetica e chemiogenetica, applicate agli animali transgenici.

I neuroni lesionati non crescono spontaneamente, ma una riorganizzazione delle connessioni neurali si verifica sopra la lesione, attivando nuovi canali di comunicazione. Resta da vedere se la riabilitazione porta anche a un "ricablaggio" simile negli esseri umani.

Courtine è ottimista: «abbiamo già dimostrato che la plasticità del sistema nervoso, cioè la sua notevole capacità di sviluppare nuove connessioni dopo una lesione del midollo spinale, è ancora più robusta negli esseri umani che nei roditori», afferma.

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