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EUROPA«Europa, non illuderti. I bei tempi non torneranno più»

07.01.17 - 19:56
Sempre più migranti raggiungono l'Europa, speranzosi di potere godere della ricchezza del Vecchio Continente. Ma l'Occidente, che sogna di tornare al boom del Dopoguerra, si deve rassegnare
«Europa, non illuderti. I bei tempi non torneranno più»
Sempre più migranti raggiungono l'Europa, speranzosi di potere godere della ricchezza del Vecchio Continente. Ma l'Occidente, che sogna di tornare al boom del Dopoguerra, si deve rassegnare

LUGANO - Sui migranti gli animi si dividono e la visione oggettiva del fenomeno diventa impossibile. Da una parte vi è lo schieramento del "Nessuno è illegale" e degli "accogliamoli tutti", dall'altra i sostenitori del "filo spinato" e della tolleranza zero. E tra questi due fronti vi sono i “moderati”, sempre più timorosi dei numeri da record dell’immigrazione: 360 mila arrivi in Europa dal Mediterraneo, di cui 181mila soltanto nella rotta del Mediterraneo centrale nel 2016. Oltre 5.000 di loro non ce l'hanno fatta, facendo dell’”Antico Mare” un enorme cimitero. I numeri di questo esodo sono i più alti mai registrati negli ultimi anni e sono in continuo aumento. Ma sembrano ormai divenuti una normalità, in un mondo globalizzato in cui il senso di appartenenza e comunità ha lasciato spazio alla cosiddetta società liquida.

«I migranti vogliono poter godere della ricchezza europea» - Lo storico tedesco Wolfgang Reinhard, intervistato recentemente dalla radio "Deutschlandfunk", ha fornito la sua visione del fenomeno: «Queste persone - dice riferendosi ai migranti - non sono necessariamente povere. Altrimenti non potrebbero neppure permettersi di pagare i passatori. Infatti, qui non si tratta di miseria nera, ma di un flusso di persone che sanno quanto sia attrattivo il modello europeo e americano e ora ritengono che sia giusto avere il diritto a parteciparvi. È un certo qual modo la conseguenza della diffusione della cultura europea. Ed è a ogni modo possibile che loro provino a integrarsi da noi su queste basi».

«L'Europa ha colonizzato il mondo. E Il mondo torna in Europa» - Reinhard, professore di Storia Moderna e Contemporanea all’Università Albert-Ludwig di Friburgo in Brisgovia, ha pubblicato un libro di oltre 1.600 pagine sull’espansione europea, sul colonialismo e la conquista del “Nuovo mondo”, sullo sfruttamento e la tratta degli schiavi. Per Reinhard è chiaro il legame tra la “Sottomissione del mondo”, così si intitola il suo libro, e il movimento migratorio del nostro tempo. «Sono stati gli europei per primi ad avere invaso e sottomesso il mondo e adesso arriva il conto. Il mondo torna in Europa». Così il professore, che spiega l’eredità storica di un’Europa che ha lasciato dietro di sé un mondo coloniale sottosviluppato. Sottosviluppo che dà origine a uno stato di necessità, a una situazione economica difficile, che spinge le persone a lasciare il proprio paese e a cercare rifugio in Europa. Ma questo non è soltanto che uno dei motivi che spiegano il fenomeno, che sta assumendo proporzioni sempre più importanti. Infatti, ai tempi del colonialismo sono stati molti i “sottomessi” che, dopo avere collaborato con gli occupanti europei, con l’indipendenza dei loro paesi, hanno attuato politiche economiche disastrose.

«Segno della cultura europea indelebile in tutto il mondo» - In tutti i casi, secondo lo storico, un altro fattore che spiega questo movimento migratorio così forte verso il Vecchio Continente, è la conseguenza dell’influenza della cultura europea sul resto del mondo. «L’altro punto è che l’Europa, anche in parte involontariamente, ha lasciato un segno indelebile della sua cultura nel mondo. L’elettricità, internet, la medicina moderna, le auto, il kalashnikov, sono più o meno tutte conquiste europee, che hanno segnato l’intero pianeta. In altre parole: la cultura mondiale se una esiste, vede le sue basi in Europa e forse, nel frattempo, anche in America».

La nostalgia del «Make America Great Again». Ma è soltanto un'illusione - Ed è in questo contesto storico che, in un’Europa sempre più disorientata, intimorita e incapace di gestire il fenomeno migratorio così massiccio, in un mondo multipolare sempre più globale e senza regole, si fa sempre più strada la nostalgia del benessere e di quell’ottimismo per il futuro che hanno vissuto le generazioni del Secondo Dopoguerra. E allora, la speranza della piena occupazione, del boom economico e della ridistribuzione della ricchezza di cui hanno goduto i figli dei Paesi di più antica industrializzazione si trasforma negli slogan trumpiani del “Make America Great Again” e dei movimenti populisti e nazionalisti che stanno conoscendo grande seguito in tutta Europa. Ma tutto questo non tornerà più.

Il professor Rossi: «Neoliberismo contrario agli interessi del ceto medio» - E resterà soltanto un sogno, un’illusione, a meno che non si riesca a capire che soltanto attraverso una politica economica orientata al bene comune potrà rappresentare una salvezza per tutto il sistema. Ne è convinto Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all'Università di Friburgo: «A meno di un cambiamento radicale della politica economica in Europa, non si potrà mai più osservare un aumento del benessere e della fiducia della maggioranza della popolazione, come era stato il caso nel trentennio che ha fatto seguito alla fine della Seconda guerra mondiale. Il paradigma neoliberista, che detta le scelte delle imprese, delle banche e dei governi, è visibilmente contrario agli interessi del ceto medio. Gli Stati nazionali sono inoltre in preda alla globalizzazione e ognuno di essi, anche se davvero lo volesse il proprio governo, non si può permettere di attuare una politica economica a favore del ceto medio e di quello inferiore, perché i principali attori nei mercati finanziari globalizzati reagirebbero rendendo finanziariamente più onerosa, se non impossibile, l’attuazione di questa politica. L’alternativa non si trova certo nel nazionalismo e nella chiusura delle frontiere. Si tratta di trovare una intesa sul piano sovranazionale, cominciando da un piccolo numero di Stati che hanno delle sufficienti similitudini tra loro, per attuare una politica economica orientata al bene comune, se necessario nazionalizzando alcuni importanti istituti bancari con cui poi finanziare una serie di investimenti sia privati sia pubblici a vantaggio dell’interesse generale nel lungo periodo. La Storia fornisce diversi esempi su cui i politici dovrebbero riflettere, ma in realtà finora l’unica lezione della Storia è che la Storia non ha insegnato nulla ai politici al governo.»​

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COMMENTI
 

GIGETTO 7 anni fa su tio
Andando avanti a illudersi e rassegnarsi prima o poi la gente deciderà di scendere in piazza cercando di riprendersi con la forza quello che gli è stato tolto grazie alle scellerate politiche di apertura alle immigrazioni volute dalle politiche dei partiti di sinistra......aspettiamo ancora qualche annetto e poi sarà rivolta contro gli immigrati....la barca è stracolma!!!!!

volabas 7 anni fa su tio
Risposta a GIGETTO
è un triste scenario , ma non sei lontano dalla realta'

shooter01 7 anni fa su tio
vediamo quando si ridimensioneranno i sogni bagnati dei sinistri "europa distributore di ricchezza a chiunque avanzi pretese"

madras 7 anni fa su tio
Sempre meno ceto medio e sempre più poveri spremuti come limoni con le tasse. Ha ragione L'Elvetico di mensionare possibili guerre civili in un futuro prossimo. Politici meditate, ma meditate alla svelta e bene perché il popolo ne ha piene le P.... meditate Politici !!

elvetico 7 anni fa su tio
Nessuno ormai si illude più se la politica non si veglia e non agisce al più presto per un cambiamento radicale orientato al bene comune e alla salvaguardia della cultura europea in Europa e fuori dall'Europa probabilmente avverà una possibile rivolta dei popoli con conseguenze disastrose del tipo guerra civile.

francox 7 anni fa su tio
E chi si illude?
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