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UN DISCO PER L'ESTATE«Un fenomeno che non esultava mai: McCourt leader e ticinese d’adozione»

18.07.19 - 07:01
Nicola Celio, storico ex capitano dell’Ambrì, ci ha parlato della stella canadese che per otto stagioni deliziò il popolo biancoblù: «Umile e divertente, da Dale ho “portato via” tante belle cose»
Key/TiPress
«Un fenomeno che non esultava mai: McCourt leader e ticinese d’adozione»
Nicola Celio, storico ex capitano dell’Ambrì, ci ha parlato della stella canadese che per otto stagioni deliziò il popolo biancoblù: «Umile e divertente, da Dale ho “portato via” tante belle cose»
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AMBRÌ - Indimenticato e indimenticabile dalle parti della Valascia, Dale McCourt - nato a Falconbridge, nell’Ontario, nel 1957 -, ha legato indissolubilmente il suo nome a quello dell’Ambrì. Prima scelta assoluta del Draft del 1977, “The Chief” ha illuminato la Leventina dal campionato 1984/85 - quello del suo arrivo e della promozione in A - al 1991/92, quando giocò le ultime partite e segnò le ultime reti che infiammarono il popolo biancoblù. Mossi i primi passi in Prima squadra alla fine degli anni ‘80, Nicola Celio è cresciuto in quell’Ambrì trascinato dalla stella canadese e, proprio dal centro ex Detroit Red Wings, ha imparato molto.

«Esattamente, da Dale ho “portato via” tante belle cose, i suoi movimenti rapidi erano da ammirare e cercare di imitare - esordisce Nicola Celio, storico ex capitano dell’Ambrì - All’epoca giocavo come centro e lui è stato un personaggio importante per la mia crescita, in allenamento non gli levavo gli occhi di dosso».

Che tipo era?
«Era un leader, un campione anche di umiltà che si adattò benissimo alla realtà leventinese. Non ci ha mai fatto pesare il fatto che noi fossimo più "deboli"… perché bisogna dirlo: era così».

Un leader che parlava con i fatti.
«Giusto. Era piuttosto silenzioso, ma quando parlava si faceva capire e sentire… Fuori dal ghiaccio era anche molto divertente, mentre in pista dopo un gol non esultava mai. Dopo una rete pensava solo ad andare all'ingaggio per riprendere il gioco e segnarne un’altra. Una mentalità vincente».

Insomma un esempio in pista e fuori.
«Assolutamente. In quei anni McCourt, insieme a Laurence, era una spanna sopra agli altri. Gli stranieri di assoluto valore “saltavano fuori dal mazzo”, facevano un’enorme differenza. Portavano la squadra di peso, erano come degli extraterrestri. Gli altri blocchi facevano una comparsa sul ghiaccio, loro segnavano e trascinavano».

McCourt e la sua famiglia hanno sempre detto di aver trascorso periodi meravigliosi in Ticino. Erano incantati dal calore e dall'accoglienza della gente. I bei momenti sono stati numerosi sia in pista che fuori.
«C’era un grande gruppo, unito e compatto. C’era uno zoccolo duro di giocatori ticinesi e svizzero canadesi. Poi c’era chi, come Dale, ticinese lo è “diventato”. C’era un’amalgama perfetta. Dialetto? Certo… (ride, ndr). McCourt provava a parlare sia italiano che dialetto, ricordo episodi e momenti anche divertenti».

Ti ricordi una sua particolarità?
«La prima cosa che mi viene in mente è il suo sistema nel preparare i bastoni. All’epoca c’erano ancora i bastoni in legno e lui li piallava fino a farli appoggiare perfettamente sul ghiaccio. Usava un centinaio di bastoni all’anno e li lavorava dal primo all'ultimo in maniera meticolosa».

Oggi, a distanza di circa trent’anni dalle vostre battaglie sul ghiaccio, la tua maglia numero 8 è là, appesa sotto le volte della Valascia, insieme (anche) alla 15 di McCourt. 
«È un onore. Mi rendo conto che ne abbiamo passate delle belle… È fantastico essere ancora insieme anche in questo. McCourt mi ha visto crescere e nella sua esperienza dietro la transenna (anche ad Ambrì come assistente, ndr) mi ha pure allenato. Sulla mia maglia, ritirata dal club, posso solo dire di esserne molto orgoglioso: sono felicissimo di aver avuto la possibilità di giocare così a lungo ad Ambrì e aver ripagato il club con una certa qualità», conclude Nicola Celio.

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