Fermo sulle sue convinzioni, Kapanen non è riuscito a esaltare le qualità dei suoi giocatori. Il nuovo coach ha invece spesso dimostrato di sapersi ripensare
LUGANO – Un profondo conoscitore del movimento svizzero, un allenatore esperto e allo stesso tempo umile, un professionista che non disdegna il bel gioco ma che mette in cima ai suoi pensieri la concretezza. Questo è Serge Pelletier, l'uomo chiamato per risollevare il Lugano. Questo è anche Maurizio Jacobacci, l'uomo chiamato per... risollevare il Lugano.
Le rivoluzioni completatesi in bianconero nelle ultime settimane sono molto simili. Hanno visto i dirigenti dei rispettivi club cambiare il timoniere sperando che una squadra buona – ma non adatta al titolo – potesse cominciare a raccogliere risultati pari al suo valore. A Cornaredo il cambio ha funzionato. Alla Cornèr Arena, gli ingredienti perché il nuovo corso possa essere migliore di quello precedente ci sono tutti. Questo perché, per far rendere al massimo rose dalle qualità non stellari, quasi sempre il pragmatismo è meglio della fantasia.
I ghirigori, i fronzoli, te li puoi permettere quando sai di poter contare su singoli eccezionali, in grado di dormire per parte delle sfide per poi svegliarsi ed essere decisivi. I pensieri esotici lasciano raramente il segno. E ancor meno sono apprezzati i coach che non sanno adattare il gioco sulle qualità dei ragazzi sui quali possono contare. Pelletier, come Jacobacci, ha dimostrato in carriera di saper spremere il massimo dalle squadre a sua disposizione. Celestini – come il Kapanen della Cornèr Arena – si sono invece distinti per il loro fermo credo. Per delle convinzioni che, immodificabili e immodificate, li hanno rapidamente condotti alla fine.
Pelletier è una manna per il Lugano? Difficile dirlo. È sicuramente più adatto al ruolo rispetto al suo predecessore. Poi, come sempre, saranno i numeri – i risultati nello specifico – a fare la differenza.