Già in possesso del 51% dei Razzi, il club biancoblù vuole salire al 100%, levando così potere decisionale a Lugano e Biasca. Se non ci riuscirà, potrebbe far affondare la collaborazione
BIASCA – Una realtà sana e che ha superato i suoi primi tre anni di esercizio rischia, in un futuro imminente, di sparire. La citazione non è nostra, è presa direttamente da una lettera inviata a inizio settimana dall'HCAP agli azionisti della Società anonima HC Biasca – Ticino Rockets. Il documento tratta il presente e il futuro dei Razzi, usciti malconci – almeno a livello di numeri sportivi – dalla loro terza stagione di Swiss League, ma comunque dimostratisi in grado di fare al meglio quello per il quale erano stati pensati, ovvero formare talenti per il nostro hockey.
Il futuro dei Razzi è legato a una mossa a sorpresa dell'Ambrì il quale, detentore del 51% del capitale azionario, ha chiesto agli altri azionisti, ovvero il Lugano, il Biasca e i GDT, di poter entrare in possesso delle loro quote per poter attuare una gestione societaria “coerente”. L'alternativa posta dal club biancoblù è quella di “prendere misure per la messa in liquidazione della società nei prossimi mesi”. Quindi, parafrasando, siamo al “o ci date il controllo di tutto o ce ne andiamo”.
Come siamo arrivati a questo punto? Occorre fare un passo indietro.
Il progetto Ticino Rockets ha visto la luce nelle prime settimane del 2016, disegnato dal Biasca. Lungimiranti, in quindici mesi di lavoro (dall'ottobre 2014 al dicembre 2015) i dirigenti del club delle Tre Valli hanno ripensato il modo di fare hockey nel cantone, coinvolgendo Ambrì e Lugano (e GDT) in una partnership studiata per dare frutti negli anni. Le prime strette di mano sono arrivate veloci e hanno sancito una collaborazione certificata dai numeri, che hanno diviso la gestione della neonata società tra quattro realtà (51% all'Ambrì, 25% al Biasca, 15% al Lugano e 9% ai GDT). Poi è stato il tempo dell'hockey giocato. È stato il tempo dei modesti risultati sul ghiaccio, cancellati in ogni caso dalla grande palestra fatta da tanti giovani e da coach Luca Cereda, che sudando a Biasca hanno ottenuto un lasciapassare per la National League. Quasi sempre per la sponda biancoblù del Ticino, per essere precisi.
Se tutto ha funzionato, perché, dunque, cambiare?
Decisa la collaborazione, i quattro azionisti dei Rockets si erano dati tre anni di tempo (fino al 30 aprile prossimo) prima di ritrovarsi e fare il punto della situazione. Per capire se il budget (da 1,35 milioni l'anno) continuava a essere proporzionato e per decidere come muoversi per permettere alla squadra di correre realmente per una salvezza non più garantita. Prima di ritrovarsi pacificamente, i quattro proprietari hanno tuttavia cominciato a litigare su come gestire la società; più precisamente, su come comporre il nuovo CdA. Nonostante il progetto sia futuribile e non presenti debiti, il matrimonio tra le parti è stato minato dalle pretese dell'Ambrì. Forti del loro 51% di azioni i leventinesi hanno infatti cominciato a essere impazienti, chiedendo maggior peso in sede decisionale. Va detto, è vero, che Davide Mottis, “uomo biancoblù” e soprattutto presidente dei Rockets, ha proposto di farsi da parte e di puntare su un Consiglio da cinque elementi. Questa soluzione è tuttavia stata respinta con decisione dagli altri membri. Preso atto del mancato accordo, Filippo Lombardi ha allora imposto quel che sembra un aut aut: ha chiesto di poter entrare in possesso della totalità del pacchetto azionario, pena lo svicolamento definitivo dell'Ambrì (e la fine della storia dei Razzi).
Certo, il numero uno dei sopracenerini ha indorato la pillola citando i compiti amministrativi e il rischio aziendale assunto dal suo club. Ha pure promesso che le altre società rimarrebbero “interessate” e la loro tutela sarebbe garantita da convenzioni pluriennali. La sua azione non sembra tuttavia essere fatta nell'interesse dei giovani ticinesi, quello che in fondo era lo scopo iniziale del progetto.
Lugano e Biasca, per dovere di cronaca, non sono d'accordo con le mire espansionistiche dei leventinesi. Lo scontro pare quindi inevitabile. Il problema è che a perderci, in tutto ciò, non sarebbero le grandi del nostro hockey...
«Ciò che è importante, in questo momento, è che il progetto sportivo continui – ha sottolineato Davide Mottis – Non contano gli uomini, chi andrà a occupare un posto nel Consiglio di Amministrazione; conta solo che la collaborazione che tanto bene ha fatto ai nostri giovani – e i dati sono lì a dimostrarlo – possa proseguire. È fondamentale che Ambrì e Lugano possano trovare un accordo. I nomi, i colori, tutto il resto in questo momento deve passare in secondo piano».