Raeto Raffainer, ex leventinese e futuro direttore sportivo del Davos, ha parlato della straordinaria stagione dei biancoblù: «Ambrì è una realtà che regala emozioni a tutta la Svizzera»
AMBRÌ - Una stagione da incorniciare. Una stagione da cui ripartire per confermarsi su ottimi livelli provando, perché no, a migliorarsi ulteriormente. L'Ambrì - partito con l'obiettivo di salvare la pelle - ha veleggiato (praticamente) per tutta la regular season sopra la fatidica riga, guadagnandosi un accesso ai playoff che soltanto l'estate scorsa pareva un traguardo irraggiungibile. La ricetta? Come amano dire in Leventina "il duro lavoro". Sì, proprio questo. Con un gruppo giovane e inesperto la ricetta non poteva che essere questa.
Ne abbiamo discusso con Raeto Raffainer - ad Ambrì tra il 2010 e il 2013 -, futuro direttore sportivo del Davos e sempre molto legato alle sorti sportive della sua ex squadra.
«Se l'Ambrì mi ha sorpreso? Sì e no. Già l'anno scorso si erano visti i primi frutti dell'ottimo lavoro svolto da Luca Cereda e Paolo Duca. Quest'anno i giovani giocatori hanno fatto un altro passo in avanti, permettendo alla squadra di andare oltre le più rosee aspettative. Vi sono pure da sottolineare i pochi infortuni: ciò ha aiutato la squadra nel conseguire questo ottimo risultato».
Alla Valascia si è tornati a sprizzare gioia da tutti i pori, soprattutto sugli spalti e sulle tribune... «Ciò che fa più piacere è che i tifosi siano tornati in massa alla Valascia. Lo spirito battagliero che ha messo in pista l'Ambrì ogni sera è stato super apprezzato dai fans. Di questo sono evidentemente contento per il Ticino, ma anche per l'hockey svizzero. Ambrì è una realtà che regala emozioni a tutta la Svizzera. E anche il mio sangue è ancora un po' biancoblù».
Il club è stato bravo ad intraprendere un percorso, senza lasciarsi intimorire dai numerosi ostacoli... «Prima la strategia era quella di portare i giocatori con una certa esperienza in Leventina. Io alla Valascia arrivai quando avevo quasi 30 anni. Non dico che fosse la strada sbagliata, ma poi si sono resi conto che non era quella ideale per un club come l'Ambrì. È stato un rischio, ma il club ha avuto il coraggio di assumerlo. Lavorare con i giovani non è evidente come sembra. Devi crederci e lavorare duro tutti i giorni».
Nel ricostruire si è partiti dalle fondamenta... «La scelta dei Ticino Rockets è stata pagante. Parlare di strategia è una cosa, ottenere dei risultati come quelli che ha raggiunto l'Ambrì in soli due anni è un'altra. È incredibile. Un applauso va anche al CdA, bravo a correre il rischio di affidare la ricostruzione sportiva del club a due personalità giovani come Cereda e Duca. Hanno avuto gli attributi».
Una simile stagione non può fare altro che accrescere l'attrattività del club biancoblù sul mercato... «Esattamente. Penso che il percorso fatto da Zwerger sia da esempio per quei giocatori che cercano un club nel quale crescere. In soli due anni è maturato tantissimo diventando uno degli elementi più pericolosi del campionato. Citerei anche Trisconi, vederlo giocare così bene dev'essere da stimolo per tutti gli Juniori ticinesi. I giovani non devono più andare in Svizzera interna per maturare e crescere, oggi possono farlo anche in Ticino. Questo è fantastico».
Tra qualche settimana tu e Paolo Duca sarete "rivali", in due realtà che si assomigliano molto... «Mi sento spesso con Paolo Duca, parliamo del mio e del suo lavoro (attualmente Raffainer è ancora impegnato per la IIHF, ndr). Abbiamo giocato insieme e siamo ancora in buonissimi rapporti. Ci confrontiamo spesso su diverse tematiche».