Ricorre oggi il triste anniversario della scomparsa dello storico numero 19
AMBRÌ - Tanto letale sul ghiaccio. Tanto fragile nella vita. Uno dei più grandi giocatori svizzeri di hockey se ne andava 5 anni fa.
Un lustro che non ha cancellato dalla memoria di tutti gli appassionati il ricordo di Peter Jaks e di quel tragico 5 ottobre 2011, quando l’uomo dei tanti record nazionali (894 punti e 487 reti in campionato tra gli altri), pose fine alla sua vita gettandosi sotto un treno alla stazione di Bari Santo Spirito.
Una tragedia umana che, quel giorno, paralizzò i cuori di tutti coloro che lo conoscevano: amici, parenti e i tanti tifosi ticinesi. Tutti avevano sperato che la sparizione, avvenuta qualche giorno prima, si concludesse in maniera diversa. Che Peter tornasse e tranquillizzasse tutti. Ma così non è stato.
Il cecchino che dalla linea blu sapeva far sognare i tifosi, lo sniper dai tanti titoli vinti, il combattente dalle mille battaglie sul ghiaccio, si era arreso. Il bomber taciturno e introverso aveva perso la partita più importante: quella con sé stesso. Quella con la vita.
In quei giorni di lutto furono tanti i messaggi di cordoglio per il giocatore e soprattutto per l’uomo. Filippo Lombardi, il presidente dell’HCAP, del quale Peter fu per anni simbolo e fromboliere, lo ricordò con poche sentite parole: «L’Ambrì perde un figlio, io un amico». Profondamente toccata dalla vicenda pure Vicky Mantegazza, la presidentessa dell’HCL, club con cui Jaks vinse un titolo nella stagione 1987-88. « Ricorderò il suo sorriso, come quello che aveva sul volto quando ha vinto il primo titolo con il Lugano. Porterò dentro di me Peter persona e Peter giocatore». Tutto il mondo hockeystico si strinse attorno alla famiglia del campione.
L’Ambrì-Piotta ritirò la sua maglia, la mitica numero 19, due giorni dopo durante un commovente pre-partita contro il Friborgo. La Montanara e il suo coro «Peter Jaks, Peter Jaks, Peter Jaks» furono scanditi per oltre mezz’ora dai tanti tifosi biancoblu presenti in una pista scossa ed ovattata. Incredula. In lacrime. Cori tristi. Voci con il nodo in gola hanno accompagnato la cerimonia. Il vessillo è ancora lì, appeso sotto le volte della Valascia. 5 anni dopo. Nel ricordo di un campione.