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HCL“La Nazionale? Accetterei con umiltà. La squadra mi ha giocato contro? Non andrebbero lontano"

23.10.15 - 16:08
Patrick Fischer, all’indomani dell’esonero è tornato a parlare dei suoi due anni e mezzo alla guida dei bianconeri tra gioie e rammarichi
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“La Nazionale? Accetterei con umiltà. La squadra mi ha giocato contro? Non andrebbero lontano"
Patrick Fischer, all’indomani dell’esonero è tornato a parlare dei suoi due anni e mezzo alla guida dei bianconeri tra gioie e rammarichi
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LUGANO - Il giorno dopo il brusco risveglio, il triste addio e l’amaro esonero da parte del Lugano, Patrick Fischer è apparso ancora scosso ma nel contempo più lucido. A mente fredda si riesce a ragionare e a parlare meglio e così l’head coach, leale, schietto e onesto come in questi due anni e mezzo vissuti alla transenna bianconera ha stilato un bilancio della sua esperienza alla guida del suo Lugano, ammiccando comunque all’idea di diventare l’allenatore della Nazionale.

Patrick, prima di tutto, come stai?
“Dopo lo shock di ieri ora va già meglio. Ovviamente fa male ancora e anche tanto dal momento che ho sempre creduto in questa squadra, in questo progetto e giorno dopo giorno ho plasmato una rosa che ritenevo perfetta per la mia idea di hockey”.

Onestamente, te l’aspettavi?
“Gli ultimi risultati ci stavano punendo, ci avevano messo all’angolo e dopo Davos qualcosa mi immaginavo. Alla fine mi auguravo di poter affrontare il Bienne e l’Ambrì per poterci rifare e risalire la china, ma alla fine non c’è mai un momento giusto per interrompere un legame così forte…”.

La tua mattina di giovedì come si è svolta? Hai salutato la squadra?
“Dopo aver ricevuto la notizia dell’esonero io e Peter abbiamo incontrato i ragazzi, ci siamo salutati e abbracciati: ho voluto ringraziarli personalmente per quanto fatto in questi due anni e mezzo! È stata un’esperienza unica ma ormai il mio tempo a Lugano era terminato. Ho imparato una cosa però: nella vita non ricevi ciò che vuoi, ma quello di cui hai bisogno. Evidentemente avevo bisogno di questo per crescere e migliorare!”

A proposito di squadra… nonostante la rabbia, seguirai il Lugano?
“Certo questa sera guarderò la partita in televisione assieme a mia moglie e alcuni amici. Spero con tutto il cuore che vincano e mi aspetto una reazione: lotteranno su ogni disco, anche perché quando un allenatore viene esonerato nella testa dei giocatori scatta sempre qualcosa…”.

Hai detto che i capitani ti hanno confermato che il gruppo era con te. Ma se vedrai una formazione che come per magia incomincerà a giocare come tutti si aspettano… non inizierai a pensare che magari ti hanno giocato contro?
“Magari non tutta la rosa era dalla mia parte, ma non credo proprio che abbiano voluto “farmi fuori”. Se fosse così… beh questi giocatori non andranno molto lontano!”.

Di cosa sei orgoglioso di quest’esperienza?
“Di tante cose: il primo anno è stato incredibile, siamo partiti undicesimi e a poche partite dalla fine della regular season eravamo secondi. Ci siamo divertiti e abbiamo fatto divertire, confermando il tutto nel secondo anno: era la strada giusta. Abbiamo riportato entusiasmo alla Resega, anche se alla fine è mancata la ciliegina sulla torta nei playoff… proprio i playoff sono diventati un pò la nostra arma a doppio taglio. Mi spiego: quest’anno si parlava solo di quello, quasi non pensando alla regular season e questo ci ha creato pressione negativa e siamo forse stati poco concentrati. Resta il fatto che io e Peter usciamo da questi due anni e mezzo a testa alta!”.

E cosa, ora a disco fermo, vorresti cambiare?
“Fino all’anno scorso non credo che abbiamo sbagliato tantissimo, sia come staff che come squadra. In due anni siamo stati la seconda miglior squadra in assoluto in regular season come numero di punti: qualcosa vorrà pur dire! Nello scorso playoff dovevamo fare meglio in powerplay, quest’anno invece ho forse sbagliato a voler dare troppa responsabilità ai leader… per questo a volte li ho puniti. È anche vero che a inizio stagione giocavamo anche bene ma prendevamo sempre gol o al primo tiro o nei momenti topici: ho reagito troppo tardi, mettendo ancora più pressione sul gruppo invece di calmare le acque”.

Ci regali un aneddoto di quest’anno?
“A conferma di quanto detto prima, al termine della seconda partita con lo Zurigo ho parlato col loro allenatore. Le sue parole sono state: “Non ho mai trovato una squadra che mi dominasse così per due partite consecutive!”. Vedi, la strada intrapresa non era così malvagia…”.

Ora ti potrai godere la famiglia… ma la Nazionale resta dietro l’angolo. Raffainer ha amesso che sarà lui a proporre il nome del nuovo coach nel caso Hollenstein decidesse di non rimanere dopo dicembre. Sei uno dei possibili papabili… saresti disposto ad accettare un ruolo così importante ma così diverso da quello di head coach di un club?
“Non l’ho mai negato: la Nazionale è un sogno. Ho giocato oltre 200 partite con la maglia della Svizzera e poterla allenare sarebbe bellissimo. Se dovesse arrivare quest’occasione… la prenderò con molta umiltà e tanto onore”.

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