«Siamo il Paese dell’immigrazione quando ci fa comodo»
«Un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito».
TORINO - Pianti e sgomento. Questo ha “provocato” Seid Visin, 20enne ex calciatore che nei giorni scorsi si è tolto la vita. In passato il giovane aveva scritto una lettera-monito nella quale aveva raccontato di non sopportare le allusioni razziste, le battute, gli attacchi e gli sguardi delle persone. Lui, arrivato dall’Etiopia e adottato da una famiglia italiana.
Seppur controverso e derubricato dal padre a semplice sfogo, non correlato al triste evento, quello scritto ha smosso le coscienze. «Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone», aveva scritto il giovane, provocando un’ondata di rabbia postuma. Già rabbia, come quella sfogata sui social da Claudio Marchisio. L’ex capitano della Juventus non si è trattenuto, lanciando accuse verso il “sistema-Italia”. Fallimentare, secondo lui.
«Facciamo un po’ schifo - ha scritto l’ex calciatore - Tutti. Di centro, di destra, di sinistra. Siamo il Paese dell’integrazione quando sei un giovane talento o quando segni il gol decisivo in una partita importante, ma che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore. Siamo il Paese dell’integrazione quando l’atleta vince la medaglia alle Olimpiadi. Siamo il Paese dell’integrazione che cerca improbabili origini italiane quando l’attrice che ci fa emozionare vince il Premio Oscar, ma che quando in classe con i propri figli ci sono dei ragazzi di colore storce il naso. Io non posso neanche immaginare cosa abbia provato Seid Visin, ma sono certo che un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito. Pensateci quando fate le vostre battute da imbecilli, quando fate discorsi stupidi e cinici sui gommoni e sul colore della pelle, soprattutto sui social network».