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L’OSPITE - ARNO ROSSINI«Svizzeri tedeschi, contro romandi, contro ticinesi...»

23.12.20 - 12:22
«Niente retrocessione per due anni? Le società non saranno più prese per il collo dai giocatori».
TI-Press (foto d'archivio)
«Svizzeri tedeschi, contro romandi, contro ticinesi...»
«Niente retrocessione per due anni? Le società non saranno più prese per il collo dai giocatori».
Arno Rossini ha applaudito i dirigenti di disco e bastone. Quelli pallonari? Bocciati.
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BERNA - Il primo sprint l’aveva piazzato a inizio stagione quando, conscia delle difficoltà in arrivo, aveva (anche) bloccato le retrocessioni per il 2020/21. Lo scatto deciso è però arrivato lunedì quando, rapida, oltre a pensare al numero di stranieri da schierare, in un’assemblea generale la Lega Nazionale di hockey ha cancellato la discesa dalla massima categoria anche per il 2021/2022. A rimanere attardata davanti a queste accelerazioni è stata la Lega di calcio la quale, mentre infuria la tempesta, non si è mossa neppure per aprire un ombrello.

«Già in occasione delle prime misure attuate abbiamo avuto modo di applaudire i dirigenti dell’hockey e rimproverare quelli del calcio - è intervenuto Arno Rossini - Anche in questo caso i primi si sono dimostrati rapidi e lungimiranti. Gli altri, invece, li stiamo ancora aspettando. Si può tranquillamente dire che disco e bastone sono in questo momento molto più avanti rispetto a scarpini e pallone. Non c’è dubbio».

Criticabile - e a lungo criticata - la Lega di hockey è abitata da fenomeni mentre quella di calcio da persone normali?
«Ma no, non stiamo parlando di iniziative rivoluzionarie. Solo di decisioni estremamente intelligenti. E, soprattutto, prese con velocità. Così si salvaguarda un prodotto importante». 

Si tende una mano ai club meno ricchi?
«Anche. Si dà loro, ma anche a quelli ricchi non credete, la possibilità di programmare con estrema tranquillità il prossimo futuro. Sapere che, potendo usufruire di budget minori, non c’è comunque il pericolo di perdere la categoria, è di certo un bel sollievo. E non parlo solo di una questione sportiva. Mantenere il proprio posto tra i grandi è per molti indispensabile per continuare a godere di alcune sponsorizzazioni, per poter continuare a onorare impegni già presi… Avere certezze in un momento tanto complicato è un bel salvagente». 

Ridurre le spese sarà un obbligo.
«Che i club di hockey potranno affrontare con maggior serenità. Ci sono altri due aspetti di cui tener conto. Uno riguarda la contrattazione dei nuovi accordi, l’altro lo sviluppo dei giovani».

Beh i giovani potrebbero avere più spazi.
«Certo, lo si è già rimarcato più volte. Ci sono meno soldi ma le rose vanno comunque completate? Ecco che i ragazzi in rampa di lancio potranno essere provati accanto ai grandi. Chi ha qualità, in due anni può esplodere definitivamente invece di fare anticamera - e magari perdersi - nelle serie minori. E di questo potrebbe godere anche la Nazionale». 

I contratti?
«Senza lo spettro della retrocessione fino al 2022, i dirigenti delle società potranno sedersi al tavolo delle trattative con i potenziali nuovi tesserati tenendo il coltello dalla parte del manico. Senza essere presi per il collo. Svenarsi per un giocatore? Non sarà più “obbligatorio”: seppur importante, il risultato sportivo passerà in secondo piano, superato dalla salute del club».

Bloccare l’ascensore verso il basso porta quindi solo vantaggi. Perché, dunque, il calcio ci ha pensato ma non l’ha fatto?
«Perché i dirigenti del pallone non sono uniti quanto i colleghi dell’hockey. E prima di sottoscrivere modifiche tanto importanti…».

Che però potrebbero rivelarsi salvifiche per molti.
«Certo, club grandi e piccoli. Ma per fare dei cambiamenti serve unità d’intenti. E nelle assemblee di Lega questa non c’è mai. Si pensa a litigare. I rappresentanti della Svizzera tedesca contro quelli romandi contro quelli ticinesi… è tutto così. Invece che pensare al bene del calcio, molti guardano ai loro interessi. E poi ci sono vecchie ruggini che di certo non facilitano il dialogo».

Uno dei punti chiave potrebbe riguardare la disputa di un campionato a numero chiuso.
«L’opzione più sensata era quella di "concedere" la possibilità di promozione ai club di Challenge League più meritevoli. Così facendo, oltre a garantire tutte le società di Super, si sarebbe potuta tenere aperta la porta a realtà importanti come il GC e l’Aarau. Non è andata e ora non si può cambiare una regola in corsa. Finché non si pensa al bene comune...».

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