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L’OSPITE - ARNO ROSSINI«Molti avrebbero vinto con il Barça di Messi, Iniesta e Xavi»

25.11.20 - 08:00
Arno Rossini e le (difficili) classifiche dei tecnici: «Trovatemene uno "grande" con qualsiasi squadra guidata».
Keystone (foto d'archivio)
«Molti avrebbero vinto con il Barça di Messi, Iniesta e Xavi»
Arno Rossini e le (difficili) classifiche dei tecnici: «Trovatemene uno "grande" con qualsiasi squadra guidata».
«Al Bayern e al City la sua filosofia di calcio non si è vista molto».
CALCIO: Risultati e classifiche

MANCHESTER - Tra il Manchester City e Pep Guardiola è nuovamente grande amore. Se mai si fosse affievolita, la passione tra club e mister è infatti tornata ardente nei giorni scorsi quando, a suon di milioni, la promessa di matrimonio è stata rinnovata fino al 2023. In fondo è giusto così. È giusto che il miglior allenatore del mondo continui in uno dei club più ricchi del mondo. 

«Guardiola il migliore al mondo? Non so se sia corretto dire che è il numero uno - è intervenuto Arno Rossini - Sicuramente è uno dei top, è un grande manager, ma fare una graduatoria è estremamente difficile».

Ha vinto in tre Paesi, ha in bacheca otto campionati, due Champions, tre Mondiali per club e coppette varie.
«Tutto vero, ma quando si parla di lui molti dimenticano un punto fondamentale: ha cominciato nel Barcellona. In un Barcellona che, con tanti campioni, stava per esplodere. Penso a Messi, ovviamente, ma anche Xavi, Iniesta… è stata una fortuna immensa». 

Anche bravura…
«Ha il suo credo calcistico, che in quegli anni ha potuto applicare alla perfezione. Con la sua filosofia e quei fenomeni ha vinto tutto. Ma, appunto, si è anche trovato nel posto giusto al momento giusto. Io sono convinto che, fosse stato su quella panchina, un altro allenatore di altissimo profilo - penso professionisti del calibro di Van Gaal, Wenger, Ancelotti - avrebbe comunque ottenuto grandi risultati. Con quella rosa a disposizione...». 

Quindi il lavoro di Pep va un po’ rivisto?
«È giusto prendere in considerazione tutti gli aspetti. A Barcellona, comunque, a Guardiola probabilmente faranno una statua».

Fatto non per forza positivo: molti sportivi, parlando di ciò, dicono che le statue sono le toilette dei piccioni. Per usare un termine “gentile”.
«A Monaco niente statua e pure a Manchester, per ora…».

Ciò significa che il tecnico spagnolo non è infallibile?
«Si è fatto un nome che mai più qualcuno gli leverà. E grazie a quello ottiene opportunità da club ricchissimi. Però fosse il numero uno, probabilmente sarebbe riuscito ovunque a lasciare il segno. In Germania e Inghilterra invece, al netto degli enormi investimenti delle società nelle quali ha lavorato, ha mostrato raramente la sua filosofia di calcio e in quanto a risultati ha ottenuto solo il minimo sindacale. Se così si possono considerare i titoli nazionali. Mettiamola così: Pep potrebbe dimostrare di essere il massimo se decidesse di calarsi in una realtà dalle possibilità non illimitate e riuscisse, nonostante tutto, a tagliare traguardi enormi. Questo non l’ha mai fatto». 

Come se all’Hamilton della Formula 1 venisse data una monoposto poco competitiva.
«Esatto. Guardiola finora ha invece sempre viaggiato sul mezzo migliore. Ha sempre viaggiato in Rolls Royce».

Fossi un presidente, se non avessi a disposizione una fuoriserie, quindi, il catalano non lo chiameresti?
«A parte che sarebbe probabilmente lui stesso a non accettare la proposta... No, fosse per me punterei su un altro tipo di manager. Uno che lavora di più sul campo magari o uno che riesce a far esplodere giocatori inizialmente poco considerati. Diciamo che prima guarderei il budget e solo in seguito, in base a quello, penserei al tipo di tecnico».

Lucien Favre, per esempio?
«Per esempio. Uno che in Germania ha dimostrato di saper fare benissimo con tre squadre diverse. O Jürgen Klopp il quale, ottenuti tempo e fiducia, ha portato in alto Borussia Dortmund e Liverpool. Ce ne sono tanti, comunque. Il segreto, se così si può dire, è riuscire ad “abbinare” l’allenatore giusto alle caratteristiche della squadra. Rino Gattuso, per fare un altro esempio, lo trovo perfetto per il Napoli. Lui che vive il campo 24 ore al giorno e dà del tu ai giocatori. Però in una piazza ambiziosa, al Real Madrid, al PSG… sarebbe come un pesce fuor d’acqua. Riuscirebbe a gestire campioni che sono aziende e per i quali il pallone non sempre è il primo pensiero? Difficile. Per questo è impossibile fare una graduatoria dei tecnici migliori. A meno che non me ne troviate uno capace di vincere con qualsiasi squadra guidata...».

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