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CALCIO«Lugano da titolo? Perché no? Bisogna crederci...»

27.10.20 - 10:00
Livio Bordoli sullo stop del calcio regionale: «Tanti tesserati non volevano correre rischi, li capisco»
TiPress
«Lugano da titolo? Perché no? Bisogna crederci...»
Livio Bordoli sullo stop del calcio regionale: «Tanti tesserati non volevano correre rischi, li capisco»
Un appello ai ragazzi: «Continuate a fare movimento, è importante».
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LUGANO - Il calcio regionale si è fermato, il calcio professionistico per ora prosegue in attesa di novità da parte del Consiglio federale.  Se per la Federazione ticinese di calcio la decisione è stata tutto sommato semplice - seppur dolorosa - per il palcoscenico di Super e Challenge League il discorso è molto più complicato visti soprattutto gli aspetti economici in ballo di società che, senza aiuti esterni, rischiano di scomparire dalla geografia del pallone elvetico. Ne abbiamo discusso con Livio Bordoli, ex allenatore del Lugano e attuale responsabile tecnico della Ftc. 

Livio, uno stop - quello del calcio regionale - quasi inevitabile... 
«Visto l'andamento dei casi in Ticino e in Svizzera abbiamo deciso di sospendere i vari campionati. Nonostante ciò invito comunque tutti i ragazzi e i bambini a continuare a svolgere attività: stare all'aria aperta non può che fare bene sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. Il rischio è che se i bambini non dovessero più andare al campo, che reputo uno dei luoghi più sicuri, si sposterebbero altrove dove il tracciamento non è garantito e soprattutto dove c'è più possibilità di contrarre il virus»». 

Dove avete incontrato le difficoltà maggiori nel gestire la situazione?
«Non abbiamo avuto tanti casi di coronavirus nelle varie squadre, bensì di giocatori in quarantena. Negli ultimi giorni le chiamate da gestire erano tantissime. Inoltre ultimamente tanti tesserati avevano paura a giocare perché esposti a un rischio troppo elevato di dover eventualmente rimanere a casa e di conseguenza di non poter lavorare. Tanti non si possono permettere di non lavorare e li capisco».

Dal calcio regionale a un Lugano che in Super League sta viaggiando ad alta velocità...
«È molto pragmatico. Chiaro non è un Lugano spettacolare, ma è una squadra da parte alta della classifica. Il livello del campionato si è abbassato ulteriormente: questo Lugano, molto difensivo e ben messo in campo, è diventato davvero complicato batterlo. Segnano poco, questo è vero, ma al tempo stesso è difficile fargli gol. A livello svizzero non vedo squadre in grado di metterlo in seria difficoltà, forse soltanto lo Young Boys...».

Si può ambire al titolo?
«Perché no? Io dico che il Lugano arriverà nei primi tre posti, bisogna crederci. Non c'è una squadra in Svizzera con un attacco che fa paura. Vi faccio due esempi, quando ero a Winterthur i due attaccanti Manuel Sutter del Vaduz e Kwadwo Duah del San Gallo (titolare sabato a Cornaredo, ndr) non erano neppure titolari. Sono bravi ragazzi, ma da qui a fare la differenza in Super League ce ne passa...».

La Super League va fermata o bisogna continuare?
«Bisogna continuare. Al massimo metterei un ulteriore limite agli spettatori. Le società hanno fatto tanto durante l'estate per costituire dei protocolli di sicurezza, che stanno funzionando. Questo virus non si prende andando allo stadio o alla pista. Il calcio professionistico deve poter andare avanti, magari ottenendo qualche aiuto in più dalla Confederazione. È anche per questo che, come detto prima, il livello del campionato si è ulteriormente abbassato: le società hanno paura a spendere vista la situazione d'incertezza. Inoltre se ci dovessero tirare via anche il calcio e l'hockey dalla televisione, diventerebbe pesante...». 

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