Marcello Lippi, ex ct della Nazionale italiana, è una furia: «Il calcio può piacere o meno, ma è un'industria»
MILANO - Se fino a qualche tempo fa aveva usato toni pacati per parlare di coronavirus e calcio italiano - «L'Italia sia forte come la Nazionale nel 2006. Con il calcio ricominceremo a porte chiuse o aperte: adesso non è questo il problema» -, ora Marcello Lippi ha decisamente cambiato registro.
Intervenuto nel corso della trasmissione radiofonica "Deejay Football Club", l’ex ct della Nazionale italiana - infastidito probabilmente anche dal "tira e molla" politico che sta mettendo ancora più in confusione in mondo del calcio - si è sfogato.
«Il presente è vomitevole e mi fa arrabbiare - ha tuonato Lippi - Sento dire di essere uniti e coesi ma ognuno pensa ai cavoli suoi, alle poltrone a tutti i livelli. Qua viene tutto strumentalizzato. Siamo nel 2020, andiamo su Marte e non siamo capaci a trovare un vaccino o una medicina. Ripartire col calcio? Certo che bisogna ripartire. Ci dicono da un sacco di tempo che dobbiamo convivere col virus... e allora perché il calcio non può ripartire? Non è più come due mesi fa quando fummo travolti da uno tsunami, la situazione è gestibile in maniera diversa e gli ospedali possono organizzarsi. Sul calcio c’è una demagogia impressionante. Il calcio può piacere o meno, ma è un'industria e va trattata come tale».